Shoah, come la Danimarca salvò quasi tutti gli ebrei

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David Spagnoletto
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Storia

Shoah, come la Danimarca salvò quasi tutti gli ebrei

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David Spagnoletto

In Italia ricorre l’anniversario della promulgazione delle leggi razziali, che diedero inizio a una serie di provvedimenti anti-ebraici e che furono volute da Benito Mussolini per avvicinare ancora di più la sua politica a quella di Adolf Hitler.

Non in tutti i paesi, però, i governanti strizzarono l’occhio alla Germania nazista. Ce ne è uno che si distinse per esser stato dalla parte degli ebrei: la Danimarca.

Se è noto il pubblico sostegno di Re Cristiano X di Danimarca alla causa ebraica, meno lo è il modo in cui il paese riuscì a salvare gran parte dei suoi cittadini ebrei dalla deportazione nei campi di sterminio.

Ci sono due momenti precisi in cui ricercare le motivazioni di una salvezza, che rappresenta un unicum nella storia europea di quegli anni.

La Danimarca consapevole della superiorità militare della Germania nazista non oppose resistenza, tanto che venne invasa in un giorno solo. Dal 9 aprile 1940, il paese visse la condizione di “protettorato modello” assoggettato alla Germania del Terzo Reich, che le concesse un’autonomia di governo quasi totale.

La monarchia e il governo rimasero al proprio posto e la vita dei cittadini non subì particolari stravolgimenti. I circa 8mila ebrei danesi, infatti, non furono costretti a indossare la Stella di David, né ad abitare in gruppi in parti specifiche delle rispettive città.

La particolare condizione venne favorita anche dal fatto  che l’industria di allevamento e casearia della Danimarca sfamava molti tedeschi e la Germania non aveva alcun interesse ad avere cattivi rapporti con l’esecutivo di Copenaghen.

Durante l’estate del 1943, la situazione subì un busco cambio di rotta. La Germania mostrava i primi segnali che da lì a due anni la condussero alla sconfitta. La contezza che le sorti della guerra stavano diventando avverse e il crescente nervosismo portarono Hitler a decidere per la totale deportazione degli ebrei danesi.

Era il primo ottobre 1943. Qualcosa, però, intralciò i suoi piani. Ed è questo il secondo momento in cui gli ebrei danesi riuscirono (quasi tutti) a scampare ai lager.

Il 29 settembre, il diplomatico tedesco Georg Ferdinand Duckwitz, tornò da Berlino e si recò subito dal presidente del partito socialdemocratico, Hans Hedtoft, avvisandolo dell’ordine del Fuhrer, permettendo alla grande maggioranza degli ebrei danesi di fuggire verso la Svezia neutrale con barche di fortuna. I viaggi della disperazione furono caratterizzati da numerosi intoppi, basti pensare che il re svedese accettò gli ebrei solo il 2 ottobre.

Quando la Gestapo andò a prendere gli ebrei per deportarli trovarono (solo) 500 persone, 413 delle quali fecero ritorno a casa il 15 aprile 1945 dopo le proteste scoppiate in Danimarca.

La Danimarca è stato un caso unico durante la Shoah, ma è anche la dimostrazione che tra sollevazioni popolari e precisa volontà dei governanti, qualcosa si poteva fare per evitare la vastità della tragedia che colpì il popolo ebraico in Europa.

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