Rosh ha Shanà, Leopardi e l’anno nuovo: le benedizioni arrivano se l’uomo fa la sua parte

Rav Scialom Bahbout
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Ebraismo

Rosh ha Shanà, Leopardi e l’anno nuovo: le benedizioni arrivano se l’uomo fa la sua parte

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Rav Scialom Bahbout
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Rosh-Ha-Shana-benedizioni-progetto-dreyfusLa prima sera di Rosh ha Shanà leggiamo Achòt ketannà, una composizione poetica che si conclude con le parole finisca l’anno e le sue maledizioni e inizi l’anno e le sue benedizioni, un chiaro auspicio che l’anno che sta per iniziare sia migliore di quello passato. Nel leggerlo non si può fare a meno di ricordare “Il venditore di Almanacchi” una delle operette morali più famose di Giacomo Leopardi.

Il venditore chiede a un passante, al quale vuole vendere l’almanacco (calendario), se l’anno nuovo sarà migliore di quello passato. Il tema centrale dell’operetta morale è quello della felicità dell’uomo, molto caro a Leopardi. L’attesa di qualcosa che non è ancora arrivato, come l’anno nuovo, è carica di aspettative, che inevitabilmente potranno essere deluse dal verificarsi o meno dell’evento. L’uomo non può fare a meno di sperare che il domani sarà migliore del presente. Ed è per questo che alla fine il passante compra comunque l’almanacco: l’anno nuovo non sarà affatto nuovo diverso dai precedenti e non c’è alternativa che aspettarsi un anno a caso.

Qual è il senso che invece dobbiamo dare all’espressione che conclude la poesia che si canta all’inizio di Rosh ha Shanà? Al centro della poesia c’è l’Assemblea d’Israele, rappresentata simbolicamente da una piccola sorella, che si lamenta per tutte le sventure che la sovrastano e chiede aiuto al Signore perché la salvi. La poesia termina con le parole: la rovina terminerà, il Signore manterrà la sua promessa e tornerete a Sion, ma spianate spianate i suoi sentieri: (solo allora) Inizi l’anno con le sue benedizioni.

La storia di Israele è stata caratterizzata da una continua lotta con i persecutori che hanno fatto di tutto perché gli ebrei perdessero la speranza nel loro futuro. E’ stata solo la resistenza, le preghiere e la continua azione del popolo ebraico per affermare la propria identità che ha permesso il ritorno a Sion. Le azioni di tante persone portate avanti per tanti anni hanno permesso il miracolo. E’ l’azione che può realizzare una speranza.

Israele è stato circondato da sempre da grandi difficoltà, ma la fede e la certezza che aveva un buon motivo per combattere, hanno trasformato le maledizioni in benedizioni. L’idea che esprime Leopardi nella sua operetta è che tutto avviene per caso: la posizione della Torah è che non dobbiamo abbandonarci al caso, ma dobbiamo reagire e organizzare la nostra vita in modo diverso per non essere travolti.

Ciò che vale per il popolo ebraico, vale per ogni uomo: ci sono problemi che oggi coinvolgono tutta la società (la guerra, la siccità, la crisi ambientale), ma l’uomo può e deve organizzare la vita in questo Mondo in modo da renderlo un luogo sempre più abitabile. Nel Midrash Kohelet troviamo scritto che quando il Signore creò Adamo, lo portò in giro per il Giardino dell’Eden e gli disse: guarda quanto sono belli tutti questi luoghi e questi alberi. Cerca di mantenere tutto in buone condizioni, perché se tu lo rovinerai nessuno potrà poi ripararli. Solo allora si può dire “inizi l’anno e le sue benedizioni”. Siamo noi a far sì che le benedizioni divine possano realizzarsi.

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