Purim: eclissi di Dio, eclissi dell’uomo. Dove figura il nome di Ester nella Torah? Nel versetto (Deut. 31°, 18): “Ve-anokhì astèr astìr…” (Io oscurerò il mio volto in quel giorno)… (Khaghigà 5b) Ai maestri è sempre piaciuto sorprendere gli ascoltatori e i lettori con domande strane e apparentemente assurde e con risposte che — se prese alla lettera — sembrano di una grande ingenuità. Che senso ha chiedersi dove si trova il nome Ester nella Torah? I Maestri non sanno che tra Mosè e Ester passano decine di generazioni (dai sette agli otto secoli)? non si rendono conto che il nome di Ester non figura nel testo citato?
Per capire il significato dell’affermazione dei Maestri, bisogna interpretare la loro domanda in questo modo: in quale punto della Torah, anche se in modo allusivo, viene accennato alla salvezza che fu opera di Mordechài ed Estèr?
Nella Torah è scritta la storia ebraica passata, presente e futura e quindi già in essa, e in particolare nella profezia di Mosè, vi deve essere una qualche allusione al tipo di salvezza che caratterizza Purim e molta parte della storia ebraica. La salvezza può avvenire o in forma palese o in forma nascosta. Nella liberazione degli ebrei dalla schiavitù egiziana Dio si manifesta in forma palese, mentre ai tempi di Mordechài ed Estèr tutto avviene in modo “nascosto”: il volto di Dio si oscurò…Il miracolo che accompagna tutta l’esistenza ebraica, da manifesto diventa celato: l’intervento divino segue altre strade, si umanizza ed è l’uomo che viene caricato di questa missione di liberazione.
A chi legge con attenzione il libro di Ester non possono sfuggire due elementi: in tutta la storia non viene mai menzionato il nome di Dio e tutta la vicenda sembra essere un concatenarsi di eventi del tutto casuali. L’assenza di Dio è tra gli elementi che ha fatto discutere molto i Maestri, prima di arrivare alla decisione di includere la Meghillàt Estèr nel Tanach (la Bibbia ebraica). I tentativi fatti per trovare nella Meghillà allusioni al Nome di Dio non sono convincenti: quindi, cosa hanno voluto insegnarci gli uomini della Grande Assemblea, quando, pur potendo mettere le mani sul testo della Meghillà, hanno preferito lasciarlo così com’è, senza introdurvi il Nome di Dio? La storia di Ester sembra essere una catena di eventi casuali: il Grande banchetto di Assuero, la decisione di chiamare la regina Vashtì e il rifiuto di questa di presentarsi, la scelta di Ester, il tentativo di colpo di Stato di Bigtàn e Tèresh, scoperto “casualmente” da Mordechai, l’insonnia del re Assuero, l’arrivo di Hamàn da Assuero proprio in quella notte…
Mi sembra che i Maestri ci vogliano indicare che sta all’uomo cercare la presenza di Dio nella storia in generale e in quella ebraica in particolare, e che sta all’uomo cogliere il fatto che Purìm sia diventato paradigmatico per tutta la storia che inizia con la distruzione del I Tempio e continua con quella del II Tempio.
L’eclissi di Dio si è protratta per tutto il periodo del II Tempio, e in particolare, per quello che segue la distruzione del II Tempio, quando l’oscurità si è fatta molto più fitta: “Ma anche quando saranno nelle terre dei loro nemici, Io non li rifiuterò e non li avrò in abominio” (Levitico 26°): non li rifiuterò nei tempi di haman… e tanto più in quelli successivi alla distruzione del II Tempio. Dalla storia di Purim i Maestri hanno dedotto che la salvezza non si manifesta in un baleno, ma lentamente per poi risplendere con forza: “Quando starò nell’oscurità il Signore sarà luce per me”: così all’inizio “Mordekhài tornò alla porta del re”, poi “Amàn prese il vestito e il cavallo”, e poi “Mordekhài uscì con un vestito regale dal cospetto del re”, e finalmente “per gli ebrei fu luce e gioia” (Talmud di Gerusalemme Jomà 3:2). La storia più recente, dalla Shoah alla rinascita ebraica in Eretz Israel, è una continuazione di Purim, della storia umana dove cioè tutto sembra casuale e Dio sembra essere lontano e dove, soprattutto l’uomo è indifferente e assente.
Ma forse qualcuno deve ancora scrivere per noi questa Meghillà.