“Molti Br addestrati nei campi palestinesi”, la verità di Bassam Abu Sharif      

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David Spagnoletto
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Dossier

“Molti Br addestrati nei campi palestinesi”, la verità di Bassam Abu Sharif      

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David Spagnoletto

Molti Br sono stati addestrati nei campi palestinesi. A rivelarlo alla Commissione che indaga sul Caso Moro è stato Bassam Abu Sharif, membro storico del Fplp prima e consulente di Yasser Arafat poi.

La verità che emerge dal suo racconto parte dalla fine degli Anni 60:

“Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina aveva rapporti particolari con alcuni dei gruppi rivoluzionari emersi in Europa dopo il ’68. Queste forze non sapevano come opporsi al capitalismo e noi glielo insegnammo, era parte della lotta contro l’imperialismo che sosteneva Israele. Migliaia di giovani donne e uomini italiani vennero nei campi profughi palestinesi ad aiutare in tanti modi diversi, nelle scuole, negli ambulatori o nel combattimento, ma sempre e solo contro l’occupante israeliano”.

La ricostruzione ha alimentato le voci che da sempre collocano l’addestramento di molti brigatisti fuori dai confini nazionali (Cecoslovacchia e appunto campi palestinesi).

Sharif ha confermato l’esistenza del Lodo Moro e ne ha anticipato i colloqui fra le parti in causa di almeno un anno rispetto a quello che è sempre stato sostenuto (la strage di Fiumicino del 17 dicembre 1973, quando un gruppo terroristico palestinese colpì l’aeroporto uccidendo 34 persone ferendone oltre 15):

“Il Fplp e l’Italia avevano un dialogo particolare sulla politica e la sicurezza sin dal ’72, attraverso noi l’Italia mandava ambulanze e medici ai campi profughi e noi in cambio vi aiutavamo molto. Me ne parlò il colonnello Giovannone, disse che doveva rassicurare i suoi. Habash firmò questo documento, portai il nostro impegno a mettere l’Italia al sicuro, il colonnello Giovannone lo ricevette per scritto. E quando passai dal Fplp ad Arafat continuammo sulla stessa linea”.

La mente corre indietro fino al 9 ottobre 1982, quando un commando di cinque terroristi palestinesi, militanti del Consiglio rivoluzionario di al-Fath di Abu Nidal, si rese protagonista dell’attentato alla Sinagoga Maggiore di Roma, uccidendo il piccolo Stefano Gaj Taché – ricordato nel discorso di insediamento al Colle del presidente Sergio Mattarella – e ferendo 37 persone.

Nell’audizione, Sharif ha rivelato un particolare inedito:

“Fu così che l’Italia ci chiese di risparmiarla, di non usarla per fare operazioni o per compiere attentati contro Israele”.

La mente corre indietro fino al 27 dicembre 1985, quando un gruppo terroristico palestinese facente capo ad Abu Nidal si rese protagonista dell’attentato all’aeroporto di Fiumicino, aprendo il fuoco con raffiche di mitra sui passeggeri in coda per il check-in presso gli sportelli della compagnia aerea nazionale israeliana El Al e della statunitense TWA.

Misteri su cui da decenni si interrogano Commissioni parlamentari, magistrati, scrittori e giornalisti. Misteri su cui, nel corso della sua carriera, ha indagato Rosario Priore. Secondo il libro “I misteri di Bologna” dell’ex magistrato, il Lodo Moro avrebbe subito una rottura con l’arresto di Abu Anzeh Saleh a Ortona, in provincia di Chieti, pochi mesi prima della strage di Bologna del 2 agosto 1980. I  un’intervista al Corriere di Mezzogiorno nella scorsa estate, Rosario Priore ha affermato che l’esplosivo scoppiato a Bologna in realtà era destinato ad abbattere le mura del carcere di Trani per far evadere Saleh, detenuto proprio nel carcere pugliese:

“Sulle carte dei servizi che abbiamo trovato, dalle quali emerge che già nel Fronte popolare di liberazione della Palestina c’era una certa ebollizione per l’arresto di Saleh, arrestato insieme agli autonomi in Abruzzo”.

L’ipotesi che la strage di Bologna sia stata causata da una bomba palestinese in transito fu detta già da uno dei grandi protagonisti della politica di quegli anni, Francesco Cossiga, come ha ricordato lo stesso Priore:

“Il riferimento è, in linea teorica, ad una situazione che faceva esplodere la bomba al di là della volontà di chi la trasportava. Era un esplosivo di facile detonazione, come affermato da Francesco Cossiga, all’inizio poco informato, poi aggiornato dai servizi militari”.

Quello stesso Cossiga che per primo rivelò l’esistenza del Lodo Moro…

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