Lo shammash: il simbolo di chi lavora per il bene di altri. Nel corso delle generazioni la festa di Chanukkà è stata variamente interpretata e questo trova eco nei diversi modi nei quali viene festeggiata.
Una prima tradizione è ricordata nel Talmud (shabbat 21b) come una festa in cui la famiglia degli Asmonei (circa 2.200 anni or sono), dopo aver sconfitto gli ellenisti, riconsacrò il Santuario dopo gli atti idolatrici che essi vi avevano fatto. Il testo ricorda che accesero la Lampada con l’olio di una piccola ampolla, trovata ancora miracolosamente integra con il sigillo sacerdotale: l’olio sufficiente per l’illuminazione di un solo giorno durò per otto giorni. L’anno successivo i Maestri stabilirono quindi di festeggiare il miracolo accendendo i lumi per otto giorni: ogni sera per otto sere si accendono i lumi, la prima sera un lume e le successive sette sere si aumenta gradualmente il numero dei lumi fino a otto.
Una seconda tradizione ha trovato eco nella preghiera di ‘Al hanissim che si dice durante la ‘amidà: un piccolo gruppo di persone coraggiose (la famiglia sacerdotale degli Asmonei) riuscì a prevalere su un esercito ellenista più potente. Dopo la vittoria gli Asmonei decisero di purificare il Tempio e stabilirono otto giorni di festa, per “recuperare” gli otto giorni della festa delle Capanne che non avevano potuto fare, secondo quanto troviamo scritto nel libro dei Maccabei.
Le due fonti sottolineano due diversi aspetti del miracolo di Chanukkà e la chiara relazione tra loro: la piccola ampolla d’olio che squarcia il buio e la vittoria dei “pochi contro i molti”.
La data in cui cade Chanukkà (alla fine dell’autunno e prima del solstizio) indica che anche la natura partecipa al risveglio o meglio ancora danno all’uomo l’occasione per ispirarsi e cercare di risvegliarsi e essere pronti a mettersi in contatto con Chi ha creato la natura.
Un’interpretazione particolare e alla Chanukkà è data da Theodor Herzl nel racconto “La Menorah” che, alla luce della sua esperienza, esprime il modo in cui egli ha incontrato l’ebraismo e la Lampada di Chanukkà e dei suoi nove lumi (compreso il lume shammash che serve per accendere gli altri lumi).
Il racconto narra di una persona lontana dall’ebraismo che, in seguito a un evento antisemita, scopre all’improvviso il proprio ebraismo. Dopo avere approfondito ciò che poteva significare per lui l’ebraismo decide di educare anche i propri figli in quella direzione, tanto che le persone vicino a lui pensano che sia semplicemente impazzito. Lui insiste che non c’è una soluzione diversa se non il tornare all’ebraismo. Questa affermazione non deve stupire, perché nel corso del primo congresso sionistico svoltosi a Basilea nel 1897 il rabbino di Basilea Rav dr. Asher Michael Cohen, aveva criticato l’idea che fosse possibile un ritorno in Terra d’Israele senza un ritorno all’ebraismo: la critica del rav aveva fatto breccia nel pensiero di Herzl. Quest’uomo ripensa alla storia ebraica e alle occasioni in cui tutto sembrava spegnersi, ma poi, generazione dopo generazione, lume dopo lume, il popolo d’israele si rianima con l’aggiunta di altre persone che si uniscono all’esperienza rappresentata dalla Chanukkà.
La lampada che con tutte le sue luci, compreso lo shammash, illumina tutto l’ambiente: tutti si uniscono per affermare i valori universali di giustizia, verità, libertà, progresso, umanità e bellezza: e quando tutti i lumi sono accessi, non si può fare a meno di gioire.
Herzl scrive che nessuno è più felice dello shammash, il servitore, che ha svolto il compito di accendere gli altri lumi.
In ogni generazione ci sono persone che svolgono con successo questa funzione che è aperta a tutti.