Anche le parole (dei palestinesi) uccidono

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Mario Del MonteEditor
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Debunking

Anche le parole (dei palestinesi) uccidono

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Se la tv tedesca riportasse la notizia che Israele avvelena le risorse idriche della Striscia di Gaza o un giornale scrivesse che durante la Pasqua gli ebrei usano impastare il pane azzimo con il sangue dei bambini penseremmo sicuramente che il nazismo stia per riaffacciarsi sulla scena internazionale. Quando invece queste parole vengono pronunciate dal canale televisivo ufficiale dell’Autorità Nazionale Palestinese o sono scritte sul giornale al-Hayat al-Jadida ci siamo ormai abituati a considerarle la normalità. Il nazismo qui c’entra poco, la fonte di questa arroganza razzista è tutta di sinistra, di quei movimenti politici che si definiscono progressisti.

Diversi giorni dopo gli attacchi terroristici condotti con le automobili e il tentato omicidio di Yehuda Glick, il giudice palestinese Mahmoud al-Habash si prese la libertà di dire ai media che “è benedetta ogni tappa verso la realizzazione della Guerra Santa alla Moschea di al-Aqsa e a Gerusalemme.” Immaginate cosa sarebbe accaduto se una figura pubblica israeliana avesse fomentato così altre violenze dopo l’omicidio di un palestinese: in poche ore sarebbe stato arrestato e condotto davanti a un giudice. Perché i concetti di “Stato di Diritto” e di “eguaglianza davanti alla legge” non devono essere rispettati quando a incitare è un musulmano?

Un altro esempio di questo doppio standard sono le parole di Jibril Rajoub, rappresentante per la Palestina presso la FIFA, ai microfoni della tv palestinese: “Fratelli, io non impedisco a nessuno di andare massacrare gli ebrei negli insediamenti.” La comunità internazionale ignorò queste parole e nemmeno una settimana dopo ci fu la richiesta di esclusione delle squadre israeliane dalle competizioni calcistiche.

Questo disprezzo per la legge Israele lo paga ormai quasi ogni giorno con gli attacchi dei cosiddetti “lupi solitari”, persone che senza aver bisogno di un’organizzazione terroristica alle spalle decidono di attentare alla vita dei civili israeliani. Sono soli nella realizzazione delle loro azioni ma hanno il supporto della massa grazie all’impunità garantita dalle istituzioni palestinesi.

Quando si parla del governo Netanyahu e di alcune sparate dei suoi collaboratori, alla sinistra internazionale piace ricordare come “anche le parole uccidono”. Perché questo splendido principio non dovrebbe applicarsi anche ai palestinesi che inneggiano alle stragi di ebrei? Davvero si può essere così miopi e non vedere che dall’incitamento alla realizzazione di un omicidio il passo è breve?

La Germania ha dovuto lavorare molto per eliminare dal paese l’ideologia violenta del nazismo e lo ha fatto in modo decisamente non democratico: ha chiuso i giornali e le riviste del regime, bandito qualsiasi pubblicazione, simbolo, bandiera e slogan dal sapore nazista, sostituendo il tutto con il liberalismo e il pluralismo, vere fondamenta della democrazia. Gli architetti di Oslo invece hanno scelto la strada opposta. Hanno cercato di istituire una democrazia a Ramallah per poi chiedergli di ripudiare la violenza. Pensando di lavorare per la pace non hanno fatto altro che dare più strumenti a chi non ha intenzione di rinunciare alla guerra.

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