Il Caso, la relatrice Onu Francesca Albanese accusata di antisemitismo

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Daniel Clark
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Il Caso, la relatrice Onu Francesca Albanese accusata di antisemitismo

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Lobby ebraica che soggioga gli Stati Uniti” e “Israele” dipinto come un “paese avido”. Parole che uniscono due diverse forme narrative dell’antisemitismo, una che vuole gli ebrei a capo di chissà cosa e l’altra che dipinge Israele come uno stato assai detestabile.

Non sono parole banali perché rappresentano la trasformazione dell’odio antiebraico in coincidenza con la nascita di Israele.

Una retorica antiebraica che stupisce ancora di più perché ad attingervi è una personalità che dovrebbe essere super partes: Francesca Albanese, Relatrice speciale Onu per i palestinesi.

Già nei giorni scorsi, l’avvocata era salita alle cronache perché nel corso di una videoconferenza organizzata a Gaza da Hamas, alla presenza anche della Jihad Islamica Palestinese, aveva detto loro: “You have a right to resist this occupation” “Avete il diritto di combattere Israele”.

Un episodio già di per sé molto grave, che però ancora non aveva fatto toccare il culmine.

Il Times of Israel, infatti, ha analizzato i suoi profili social, scoprendo che nel passato dell’Albanese ci sono affermazioni talmente ostili agli ebrei e Israele, che si fa fatica a capire come sia stata scelta per occupare una simile posizione alle Nazioni Unite.

Lo ripetiamo Francesca Albanese è Relatrice speciale delle Nazioni Unite per i palestinesi. Banalizzando la questione è come se la finale del campionato Mondiale di calcio, in programma domenica prossima, tra Francia e Argentina venisse diretta da un arbitro francese o argentino. Ci sarebbero delle sollevazioni popolari, probabilmente delle interrogazioni parlamentari.

E invece per una questione così importante come quella tra Israele e i palestinesi, la “direzione” è stata affidata a chi nel 2014 scrisse su Facebook in merito all’Operazione Protective Edge, guerra tra Israele e i gruppi terroristici di Gaza:

“L’America e l’Europa, l’una soggiogata dalla lobby ebraica, l’altra dal senso di colpa per l’Olocausto, rimangono ai margini e continuano a condannare gli oppressi che si difendono con gli unici mezzi che hanno (missili squinternati), invece di mettere Israele di fronte alle sue responsabilità di diritto internazionale”.

Come scoperto dal Times of Israel nel 2014 Francesca Albanese non lavorava per le Nazioni Unite, ma in precedenza aveva lavorato per l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA), almeno secondo il suo profilo LinkedIn.

I post contro gli ebrei e Israele sono diversi e tutti riconducibili a un pensiero di matrice antisemita.

E pensare che l’Albanese ebbe a dichiarare la sua credibilità nel ruolo assunto all’Onu non poteva essere messa “in discussione” perché non vi “alcun motivo, attuale o passato” e che le sue idee non poteva “pregiudicare il modo” in cui avrebbe condotto indagini.

La domanda è: quali sono stati i criteri con cui una persona così “sbilanciata” è stata scelta dall’Onu per quel specifico ruolo?

Vorremmo pensare bene, ma rischiamo di non azzeccarci…

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