“Il libro della Shoah”, ogni bambino ha un nome

Miriam Spizzichino
Miriam SpizzichinoScrittrice & Blogger
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Cultura

“Il libro della Shoah”, ogni bambino ha un nome

Cultura
Miriam Spizzichino
Miriam SpizzichinoScrittrice & Blogger

Un milione e mezzo di bambini ebrei, slavi, zingari e così via. Sono loro le piccole vittime della Seconda Guerra Mondiale. Avevano ancora una vita davanti e un’infanzia da vivere. Tutto ciò è stato stroncato dalle persecuzioni nazifasciste. Erano solo bambini e questo libro, scritto da Sarah Kaminski e Maria Teresa Milano, vuole restituire loro un volto e una storia individuale affinché non vengano mai dimenticati.

Molto toccante è il commento di David Grossman che afferma: “Nel punto di contatto tragico tra passato e presente la ferita è ancora aperta e nessuno ha l’autorità morale di coprirla con bende ingannevoli di cerimonie e dichiarazioni. Nessuno ha il diritto di decidere «la data di inizio di rimarginazione» e quindi la fine della responsabilità. Si può, anzi si deve, anche con i più giovani, rielaborare quanto è successo «laggiù», quel «laggiù» che non è solo in Germania, ma anche nell’ambito del comportamento delle persone.”

“Il libro della Shoah” propone un’originale raccolta di materiale narrativo, storico, artistico, musicale e didattico finora inedito in Italia, rielaborato con sensibilità e competenza dalle autrici, sul tema specifico della Shoah vissuta dai bambini. Al suo interno, oltre ai racconti inediti di Lia Levi, “Sulla luna nera un grido”, e di Uri Orlev “Il sottomarino”, possiamo trovare diverse collaborazioni come quella di Anna Foa che, nell’introduzione, parla del Giorno della Memoria ricordando che nonostante stia diventando una ritualità fin troppo istituzionale, la Shoah è una questione di tutti e non di soli ebrei.

Nella parte dedicata alle considerazioni pedagogiche, Brunetto Salvarani afferma che esiste, in effetti, un ricorso retorico all’appello alla memoria, soprattutto per quanto riguarda la memoria della Shoah: si tratta di un riferimento spesso puramente celebrativo, ornamentale. C’è, d’altra parte, il rischio di diffondere la convinzione della necessità di una pacificazione sociale, giungendo al punto di occultare le fonti storiche o di riabilitare i colpevoli trovando una colpa nelle vittime. Niente di più sbagliato, “E’ un caso serio, dunque, l’educazione alla memoria, l’apprendimento progressivo di questo esile filo interiore che ci tiene faticosamente legati al nostro passato”, conclude infine. La seconda sezione del libro viene introdotta dall’interessante discorso di Rav Roberto Della Rocca che apre uno sguardo sull’importanza cardinale dell’educazione nell’ebraismo. La conoscenza di questo punto è di vitale importanza per comprendere la necessità degli ebrei di continuare, nonostante i divieti nazisti, a mantenere viva la trasmissione della propria cultura e dell’istruzione in famiglia, quando le leggi razziali impediscono ai bambini di frequentare la scuola pubblica. E poi, nei ghetti e nei campi di sterminio quando la sorte è decretata, per resistere alla disumanizzazione e al degrado, costituiscono veri e propri spazi di resilienza educativa. Il volume, inoltre, vede la collaborazione di altri due autorevoli studiosi: Marco Brunazzi e Alberto Cavaglion. Infine, è arricchito dalle illustrazioni e le opere d’arte di Marc Chagall, Emanuele Luzzati, Nerone (Sergio Terzi) e Valeria De Caterini.

“La ricostruzione, attraverso testi e immagini, del vissuto dei «bambini nella Shoah» e la presentazione e analisi di materiale inedito in Italia sui ghetti di Łódź e Terezín, nonché la rievocazione di fatti, ricordi, testimonianze, canzoni e vita quotidiana, offrono al lettore la concretezza del vissuto di allora, l’occasione per interpretare l’oggi e lo spunto per costruire il domani. Con una guida finale per la lettura creativa del volume e un punto di partenza per la conoscenza della Shoah e dei valori universali correlati: la convivenza tra i «diversi», l’educazione del futuro cittadino la conoscenza e l’accettazione dell’altro.”

Questo libro bussa alla porta dei bambini e dei ragazzi ma si rivolge anche a genitori e addetti ai lavori come insegnanti, educatori e bibliotecari, chi frequenta i più giovani e dialoga con loro attraverso i linguaggi della conoscenza e dell’affetto. Forse per capirne un po’ di più dovremmo darci tutti uno sguardo.

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