Isis in Italia, arrestato italiano a Milano

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“Grazie Allah per Covid”. È un messaggio arrivato da parte del mondo islamico in pieno lockdown. Anche se ignobile, tale messaggio era stato in qualche modo digerito (o ignorato?) dall’Occidente.

Oggi, però, quello stesso messaggio arriva da Milano per bocca di un 38enne italiano, di origine barese trapiantato nel capoluogo lombardo, arrestato dai carabinieri del Ros.

Radicalizzato nel 2015, Nicola Ferrara è stato intercettato mentre istigava i propri interlocutori a sposare la cosiddetta “guerra santa” contro gli infedeli, finendo in manette per apologia e istigazione all’adesione all’Isis.

Secondo le accuse, Ferrara era un elemento dall’elevata pericolosità, nata dal suo inserimento in un circuito di relazioni che travalicava i confini nazionali e:

“Composto da una rete di persone dedite alla sistematica propaganda a favore dello Stato Islamico e dell’esaltazione del Jihad mediante la condivisione di post e commenti sui social”.

Il gip ha scritto che Ferrara era incline all’“odio verso gli ebrei, colpevoli di attaccare l’Islam, e l’odio della croce, simbolo del cristianesimo”.

Gli investigatori hanno ricostruito il processo e la crescita della sua radicalizzazione: Ferrara arrivò a Milano nel 2011 da Barletta-Andria-Trani e dopo quattro anni era già a un livello di “radicalizzazione estrema”.

A determinare il cambiamento dell’uomo sono stati alcuni viaggi in Qatar ed Emirati, iniziati nel 2015, anno in cui si convinse che la strada da intraprendere fosse la taqyya (dissimulazione), secondo cui l’ostentazione della veste araba doveva lasciare spazio al ritorno ai vestiti occidentali. “Fuori devi mostrare il sorriso mentre dentro li maledici”.

Ad aggravare la posizione di Ferrara, sempre secondo l’accusa, il suo tentativo di indottrinare due minorenni del centro culturale islamico Al Nur, che frequentava anche lui.

“Bisogna frequentare la moschea perché la preghiera di gruppo vale 27 volte quella fatta solo in casa”, uno dei tanti “insegnamenti” di Ferrara. 

Uno dei tanti insegnamenti di un ragazzo barese, diventato uomo a Milano e radicalizzato per una causa che a molti occhi occidentali risulta incomprensibile.

 

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