Il penoso teppismo degli osservatori internazionali (TIPH) a Hebron

Un aneddoto vergognoso che spiega perché Israele non può fidarsi delle garanzie internazionali

Ugo Volli
Ugo Volli
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Editoriali

Il penoso teppismo degli osservatori internazionali (TIPH) a Hebron

Un aneddoto vergognoso che spiega perché Israele non può fidarsi delle garanzie internazionali

Editoriali
Ugo Volli
Ugo Volli

Voglio raccontare oggi una storia piccola per dimensioni e conseguenze, ma estremamente significativa, su cui la stampa italiana non ha riferito. La vicenda riguarda la città di Hebron, che prima di Gerusalemme fu la vera patria del popolo ebraico in Terra di Israele. Qui Abramo fece seppellire la moglie Sara, ed egli stesso fu interrato, come poi gli altri patriarchi e matriarche; qui Davide regnò dieci anni prima di trasferirsi a Gerusalemme, qui visse ininterrottamente da allora una comunità ebraica, fino a quel 23 agosto del 1929 in cui, su incitamento del Muftì di Gerusalemme, i vicini arabi sgozzarono 67 ebrei del luogo e gli altri dovettero fuggire.

Qui, nelle case che appartenevano da sempre agli ebrei, dopo la guerra del ‘67 si ristabilì una piccola comunità ebraica, sempre insidiata dal terrorismo islamico e ancora bisognosa di protezione per non essere massacrata dagli arabi. Qui, per vendetta, nel 1994 Baruch Goldstein sparo nella moschea annessa alla Tomba dei Patriarchi. Da qui hanno origine buona parte dei più sanguinosi atti di terrorismo degli ultimi anni, compreso il rapimento e l’uccisione dei tre studenti nel 2014. Ancora oggi vi sono solo un paio di strade aperte agli ebrei (e chiuse agli arabi per sicurezza), pattugliate dall’esercito; tutto intorno vi è odio e volontà omicida.

Dopo il gesto omicida di Baruch Goldstein, nel 1994, Israele acconsentì alla creazione di una missione chiamata Temporary International Presence in Hebron (TIPH) col compito di cercare di aiutare una convivenza civile nella città “garantendo la sicurezza dei palestinesi” (ma non degli ebrei). Aver accettato una missione così sbilanciata è uno dei numerosi errori motivati dall’ideologia del governo Rabin, per certi versi paragonabile al disastro degli accordi di Oslo. Fatto sta che a Hebron vi è un corpo di osservatori internazionali, i cui membri sono italiani (carabinieri), svizzeri, svedesi, norvegesi e turchi, che sono lì per riferire di eventuali incidenti e debbono, per mandato, limitare la loro presenza alla parte araba della città.

A parte i nostri carabinieri, che come sempre sono esempi di correttezza, nelle altre rappresentanze nazionali è prevalso l’uso di nominare al ruolo delicatissimo del TIPH  immigrati musulmani, evidentemente più “rassicuranti” per gli arabi locali.

I risultati si sono visti anche nell’ultima settimana. Vi sono stati due incidenti in cui membri del TIPH hanno esercitato violenza sugli ebrei locali, con cui per regolamento non dovrebbero neppure entrare in contatto. Nel primo caso un membro (svizzero!) dell’ufficio legale del TIPH ha accompagnato un gruppo di visitatori di un’associazione antisionista a visitare la zona ebraica (dove non aveva il diritto di entrare) ed evidentemente infastidito dal fatto di essere riconosciuto da un ragazzino ebreo del luogo, l’ha steso a terra con un pugno, protetto dai suoi colleghi, come si vede in questo filmato. Per sua sfortuna, il suo gesto è stato filmato da una telecamera di sorveglianza e l’energumeno è stato espulso da Israele (non processato perché protetto da immunità diplomatica).

In un secondo caso, sempre grazie alle telecamere, due membri del TIPH sono stati identificati mentre compivano l’impresa non rara di andare a bucare le gomme di una macchina di ebrei. Qui non c’è stata neanche bisogno di espulsione: quando la polizia è andata a chiedere agli ufficiali del TIPH di identificare i colpevoli sulla base dei filmati, prima di dare una risposta, i due responsabili sono stati immediatamente rimpatriati prima di poter essere indagati: un altro caso di omertà da parte della missione internazionale.

Rispetto ai problemi che Israele deve affrontare in Siria e a Gaza, questi sono piccoli incidenti, ma rivelativi. Vi sono degli uomini grandi e grossi, membri di una missione internazionale, diplomatici o militari, che si comportano come bulli di paese: picchiano i bambini, bucano le gomme delle macchine, non si assumono le loro responsabilità legali ma scappano. Questo mostra il grado di odio antisemita che si sono portati dietro dai loro paesi di origine o con cui sono stati contagiati a Hebron.

E naturalmente fa capire quanto sia credibile la loro missione di “osservazione” degli incidenti. Ma al di là del TPH, che conta pochissimo, questa spiega perché Israele non può assolutamente fidarsi di missioni internazionali, che su cose ben più importanti (come l’armamento di Hizbullah in Libano ai confini di Israele, o a suo tempo la garanzia della navigazione del Mar Rosso) hanno sempre mostrato una mistura velenosa di ignavia e pregiudizio antisemita. Nessuna garanzia internazionale può garantire semplicemente la sicurezza delle automobili di proprietà ebraica, figuratevi i confini più delicati e pericolosi.

 

 

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