Il pregiudizio degli stati europei contro Israele non tiene conto neanche degli Accordi di Oslo

Ugo Volli
Ugo Volli
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Israele, pregiudizio antisraeliano

Il pregiudizio degli stati europei contro Israele non tiene conto neanche degli Accordi di Oslo

accordi-oslo-europa-pregiudizio-israele-progetto-dreyfusIl pregiudizio degli stati europei contro Israele non tiene conto neanche degli Accordi di Oslo. Immaginiamo che la Federazione Russa o l’Unione degli Emirati Arabi decidano che l’Italia non sia abbastanza ospitale con i Rom che hanno costruito campi abusivi in diverse località italiane non edificabili come parchi o terreni demaniali, o che ce l’abbia con coloro che tirano su casette sulla costa e nei greti dei fiumi in Campania, senza preoccuparsi né della proprietà dei terreni né dei regolamenti edilizi. E che allora, per ragioni altamente umanitarie, questi stati stranieri decidano di aiutare le povere vittime, finanziando dei progetti di edificazione definitiva in questi luoghi, naturalmente senza prendere in considerazione le leggi italiane sulle autorizzazioni edilizie, le proprietà dei suoli, i requisiti ecologici. Sviluppiamo la nostra fantasia: figuriamoci ora che qualche comune italiano si accorga dell’irregolarità e che faccia abbattere le costruzioni non autorizzate; ma che la Russia o gli Emirati protestino vivamente per l’abuso umanitario e chiedano all’Italia di rifondere i danni che ha subito il suo progetto illegale. O magari procediamo con la nostra fantasia in senso opposto: immaginiamo ora che vi sia un progetto di edificazione alla periferia di Roma che l’Argentina e l’Uruguay disapprovano, e allora gli ambasciatori dell’intera America Latina si radunino sul terreno per cercare di impedirlo.

Sembra una barzelletta? Suona così offensivo della legge e della sovranità nazionale da essere impossibile? Ma è esattamente quel che accade ormai da tempo in Israele, anche se gli interventi illegali non vengono da Mosca o da Buenos Aires, ma da Bruxelles:  In un annuncio ufficiale del dipartimento “Affari esteri del servizio pubblico federale belga”, il 6 novembre il governo belga ha espresso la sua condanna della demolizione da parte di Israele di strutture costruite illegalmente e senza alcuna approvazione di pianificazione e zonizzazione in parti dei territori contesi amministrati da Israele. Gli edifici sono stati costruiti con finanziamenti belgi. Secondo questo annuncio ufficiale, “il Belgio sostiene tali progetti infrastrutturali perché soddisfano bisogni urgenti. Sono sempre eseguite in conformità con il diritto internazionale umanitario […] la demolizione di infrastrutture e alloggi è contraria al diritto internazionale umanitario […] Dal 2017, su iniziativa del Belgio, un gruppo di paesi partner interessati da azioni simili è intervenuto sistematicamente presso le autorità israeliane per chiedere loro di fermare le demolizioni e di riparare i progetti colpiti o di risarcire i danni subiti.

Il Belgio naturalmente obietta che le zone in questione non sono Israele ma “territori palestinesi occupati”. A parte il fatto che questa qualifica non è sostenuta da argomenti legali (perché non vi è mai stato una stato palestinese che Israele abbia “occupato”, ma si tratta di una zona che non ha ami avuto uno statuto legale definito dalla fine dell’Impero Ottomano) e che comunque non si vede che cosa autorizzi il Belgio piuttosto che il Paraguay o le Seychelles a intervenirvi, il fatto è che vi è un accordo firmato da Israele e Organizzazione per la Liberazione della Palestina che attribuisce a Israele la gestione del suolo nelle zone interessate.

“L’accordo interinale israelo-palestinese del 1995 sulla Cisgiordania e la Striscia di Gaza, comunemente noto come accordo “Oslo 2”, ha diviso i territori in tre distinte aree di giurisdizione, in attesa di un trattato finale tra Israele e Palestinesi sul loro status permanente. Nelle aree A e B, che coprono tutte le principali aree popolate […] tutti i poteri e le responsabilità del governo, inclusa la legislazione e la regolamentazione del territorio, la sicurezza interna (Area A) e l’ordine pubblico (Area B ) sono stati trasferiti all’Autorità Palestinese. […] Nell’Area C, che copre le restanti parti del territorio,[…] Israele continua ad amministrare l’area. Nel suo terzo allegato, intitolato “Protocollo relativo agli affari civili”, l’accordo interinale stabilisce disposizioni dettagliate sulla pianificazione e la zonizzazione nelle rispettive aree definite dalle parti dell’accordo.”

Insomma sono proprio gli accordi di Oslo, quelli di cui l’Unione Europea è testimone insieme agli Usa, ad autorizzare l’intervento dello Stato di Israele, in quanto responsabile dell’uso del territorio e dell’urbanistica.

L’altro evento incredibile è una ispezione degli ambasciatori dell’Unione Europea a Givat HaMatos, in un’area edificabile nella parte meridionale del territorio municipale di Gerusalemme dove la città ha deciso di costruire delle case per la popolazione ebraica che ne ha bisogno, autorizzando nel contempo nuove costruzioni arabe poco lontano. L’Europa si oppone perché la costruzione “taglierebbe il collegamento di Betlemme con Gerusalemme Est”, ma questo collegamento è solo nelle menti degli strateghi della divisione di Gerusalemme, perché la zona è da decenni un sobborgo ebraico della città. Ma una delle caratteristiche della politica europea sul conflitto mediorientale è di confondere i propri progetti con diritti acquisiti o magari con la realtà. Vale la pena di notare che gli abitanti della zona e le organizzazioni sioniste hanno manifestato di fronte all’ispezione degli ambasciatori, costringendoli a rinunciare all’abuso del loro ruolo.

A questa storia va aggiunto forse un ultimo esperimento mentale. Immaginiamo l’Unione Europea e i suoi stati protestare con la Cina per la snazionalizzazione del Tibet, la persecuzione degli Uiguri (e i progetti di costruzione che fanno parte di questi progetti criminali). O, se il boccone è troppo grosso, immaginiamo che prenda posizione sulla prepotenza turca contro Grecia e Cipro – dopotutto questi paesi fanno parte dell’Unione e la Turchia è candidata. Immaginiamo una solidarietà dell’UE contro l’Armenia aggredita dall’Azerbaijan con la complicità attiva della Turchia e in particolare per il “genocidio culturale” che questi paesi continuano a compiere contro i monumenti della memoria armena di cui sono venuti in possesso. Immaginiamo che l’Europa proclami l’illegalità del muro che il Marocco ha alzato per difendere il possesso dell’ex Sahara spagnolo contro gli indigeni saharaui… immaginiamo, immaginiamo solo – perché nulla di tutto ciò è accaduto. In realtà l’interventismo europeo contro Israele non ha pari, e deriva da una velenosa mistura di neocolonialismo e antisemitismo. Che arriva fino al ricatto di chiedere risarcimenti in denaro perché sono stati impediti atti illegali – una mossa degna della mafia.

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