La Dichiarazione Balfour: un testo fondamentale e legalmente valido ancora oggi

Ugo Volli
Ugo Volli
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Israele, Medio Oriente, Storia

La Dichiarazione Balfour: un testo fondamentale e legalmente valido ancora oggi

dichiarazione-balfour-palestina-israele-progetto-dreyfusLa Dichiarazione Balfour: un testo fondamentale e legalmente valido ancora oggi. Sono passati esattamente 104 anni, ma l’argomento è ancora scottante, tanto che il dittatore dell’Autorità Palestinese, Mohamed Abbas, ha dato ordine di abbassare a mezz’asta tutte le bandiere delle sue rappresentanze all’estero in segno di lutto. Il 2 novembre 1917, il ministro degli esteri del governo britannico, Arthur James Balfour, scrisse una lettera al leader informale della comunità ebraica inglese, Lord Lionel Walter Rothschild. In essa era scritto:

Foreign Office

2 novembre 1917 –

Egregio Lord Rothschild, è mio piacere fornirle, in nome del governo di Sua Maestà, la seguente dichiarazione di simpatia per le aspirazioni dell’ebraismo sionista che è stata presentata, e approvata, dal governo:

‘Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale [national home] per il popolo ebraico, e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni’.

Le sarò grato se vorrà portare questa dichiarazione a conoscenza della federazione sionista.

Con sinceri saluti

Arthur James Balfour.

E’ la cosiddetta “Dichiarazione Balfour”, che ha fatto spendere fiumi di inchiostro. Apparentemente non vi è nulla di particolarmente significativo: è una lettere governativa sì, ma spedita a un privato, non un trattato; contiene solo un’affermazione di “simpatia per le aspirazioni” del sionismo, che consiste nel “vedere con favore”  la costituzione di una cosa così poco giuridicamente impegnativa come un “focolare” o una casa “nazionale”, in sostanza una patria,  per il popolo ebraico in un territorio geografico (non uno stato e neppure una provincia giuridica, solo una definizione geografica piuttosto vaga), che al momento non era sotto il controllo inglese, ma ottomano, com’era da quattro secoli. Al momento della consegna della lettera le truppe britanniche erano inchiodate dalla resistenza degli ottomani a Gaza; si stava combattendo la terza battaglia intorno a quella città, che il generale Allenby avrebbe vinto con un attacco di sorpresa a Beer Sheva il 7 novembre, entrando a Gerusalemme solo il 9 dicembre. Gli inglesi stavano tenendo contatto anche con al-Husayn ibn ‘Alī, sharif della Mecca, promettendo loro l’indipendenza. Avevano firmato da un anno con la Francia l’accordo Sykes Picot, che definiva le rispettive zone di influenza, senza lasciare alcuno spazio libero per stati arabi o ebraici. Insomma facevano promesse a destra e manca, come si usa in guerra. E del resto si sarebbe visto per tutto il tempo del loro dominio in Medio Oriente, fino al 1948 quanto poco avrebbero rispettato la loro parola e gli impegni internazionali; e soprattutto con quanto poco “favore” avrebbero trattato il disperato sforzo degli ebrei di costruirsi una “casa” che potesse proteggerli dalle persecuzioni.

Perché dunque la dichiarazione Balfour è importante? Le ragioni sono due. La prima sta in due parole che a noi oggi sembrano scontate, ma che allora erano rivoluzionarie, soprattutto perché contenute in un documento ufficiale: “popolo ebraico”. Che gli ebrei fossero un popolo era sempre stato chiaro a tutti, non solo perché è evidente nella Bibbia: fino alla Rivoluzione Francese almeno gli ebrei non erano cittadini degli stati europei in cui vivevano, ma avevano lo status di stranieri, ma senza uno stato che li proteggesse: apolidi senza diritti in quanto membri di un popolo senza terra. La Rivoluzione Francese volle concedere a ogni singolo ebreo “tutto” (cioè in sostanza la cittadinanza) e però al popolo “nulla” (cioè il ritiro di ogni riconoscimento). Con questo gesto, imitato prima o poi in tutt’Europa, l’ebraismo si cambiava da popolo a mera religione. In Italia si parlava di “cittadini di religione mosaica”. Che l’ebraismo sia una religione e non un popolo e quindi non possa avere diritto all’autodeterminazione o a un territorio, è ancora sostenuto da islamisti e palestinisti, nonché dagli ebrei antisionisti, per esempio da buona parte del mondo reform. La dichiarazione Balfour spazzava via questo inganno e parlava di “popolo” e di “casa nazionale” in sintonia con le richieste sioniste. E’ una rivoluzione fondamentale o un ritorno alle origini, che ancora non è chiaro a tutti.

La seconda ragione è che la dichiarazione fornì la base concettuale e anche linguistica a due documenti ben più impegnativi, perché delibere di organismi legali, giuridicamente impegnative: la conclusione della conferenza delle potenze vincitrici della guerra a San Remo (19-26 aprile 1920) e la delibera dell’istituzione del mandato britannico di Palestina, votata dalla Società delle Nazioni (l’Onu di quel tempo) 24 luglio 1922. In entrambi era ripresa la formula della “national home”, ma il “favore” diventa uno “scopo del mandato”.

Nell’articolo 2 della delibera si legge:

“ Il Mandatario [cioè la Gran Bretagna] sarà responsabile per porre il paese in condizioni politiche, amministrative ed economiche tali da assicurare l’istituzione di una casa nazionale Ebraica, come stabilito nel preambolo, e lo sviluppo di istituzioni di autogoverno, come pure per la salvaguardia dei diritti civili e religiosi di tutti gli abitanti della Palestina, indipendentemente dalla razza e dalla religione.”

E nell’Art. 6:

“L’amministrazione della Palestina, pur garantendo che i diritti e la posizione di altre sezioni della popolazione non siano pregiudicate, faciliterà l’immigrazione Ebraica in condizioni adeguate e incoraggerà, in collaborazione con l’agenzia Ebraica di cui si riferisce all’Articolo 4, l’effettivo insediamento degli Ebrei sulla terra, inclusi terreni statali e terreni incolti non necessari per scopi pubblici.”

La Gran Bretagna ignorerà questi suoi obblighi, privilegiando il suo interesse ad accordarsi con gli arabi alle spese del popolo ebraico, assumendosi la gravissima responsabilità di impedire la fuga degli ebrei minacciati dal nazismo. Ma non poté certo cancellarne il contenuto. Bisogna notare che questo testo è ancora legalmente valido oggi, perché lo statuto dell’Onu lo richiama e sottoscrive. Insomma, la legittimità dell’insediamento ebraico in tutto quel che era il Mandato Britannico di Palestina, inclusa Giudea e Samaria, deriva da questo testo, ancor più e prima della votazione dell’Assemblea Generale dell’Onu del 1947. Insomma la Dichiarazione Balfour è un anello importante della catena di eventi che hanno portato alla costituzione dello Stato di Israele. Per questo è giusto ricordarla ancora oggi, dopo più di un secolo.

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