Il discorso di Abu Mazen all’ONU: la solita penosa e pericolosa propaganda

Ugo Volli
Ugo Volli
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Israele, pregiudizio antisraeliano

Il discorso di Abu Mazen all’ONU: la solita penosa e pericolosa propaganda

abu-mazen-onu-discorso-progetto-dreyfusIl discorso di Abu Mazen all’ONU: la solita penosa e pericolosa propaganda. Lui si presenta come il “Presidente della Palestina”, ma in realtà è stato eletto come presidente dell’Autorità Palestinese il 15 gennaio 2005 solo per un mandato di quattro anni, ma non si è mai più sottoposto ad elezioni e dunque da quasi quindici anni è un dittatore senza alcuna legittimazione popolare, diffusamente accusato di corruzione, nepotismo e inefficienza. I sondaggi dicono che i suoi sudditi lo disprezzano e non lo rieleggerebbero mai. Inoltre non governa affatto la “Palestina” che rivendica, ma solo dei pezzi intorno a Ramallah. Il resto, quando non è controllato da Israele, è in mano ad Hamas, a gruppuscoli terroristi vari, ai capi delle tribù tradizionali. Dice di essere un patriota arabo, ma è stato formato dal KGB sovietico; si racconta (in inglese) come un uomo di pace, ma in arabo parla di “lotta” agli ebrei, intendendo naturalmente la lotta armata e soprattutto finanzia il terrorismo e fa pagare alla sua organizzazione lauti stipendi agli assassini arrestati. Ci sono forti indizi che lo legano alle operazioni terroristiche più efferate del passato, per esempio sembra sia stato il collettore dei fondi usati per l’attentato alle Olimpiadi di Monaco del 1972 dove furono assassinati 11 atleti israeliani.

Sto parlando di Mahmoud Abbas, conosciuto anche col nome di rispetto (kunya, secondo la tradizione araba) di Abu Mazen. Nato a Tzfat in Galilea nel 1935, membro di Al Fatah dal 1968, stretto collaboratore ed erede di Arafat, laureato all’università per stranieri di Mosca con una tesi negazionista della Shoah in cui sostiene che i sionisti erano d’accordo col nazismo, dittatore palestinese dal 2005, come si è visto.

Una delle attività principali di Abbas è la rappresentanza della sua fazione a livello internazionale, cioè in sostanza la propaganda anti-israeliana, perché è a questo che serve tutta la finzione dello stato palestinese. L’ultimo atto di questa catena di propaganda è stato il discorso tenuto a New York, presso uno dei dipartimenti dell’Onu più bizzarri fin dal titolo: il “Comitato per l’esercizio degli inalienabili diritti del popolo palestinese”. L’occasione era altrettanto strana, la commemorazione della Nabka, cioè “il disastro” in arabo, che poi sarebbe la sconfitta nella guerra di sterminio portata da sei eserciti arabi nel 1948 contro Israele, appena nato in seguito a una delibera votata proprio dall’assemblea dell’Onu nel novembre 1947. Che un’istituzione internazionale che dovrebbe essere votata al perseguimento della pace e dei diritti umani celebri come “disastro” un mancato genocidio è cosa certamente folle; ma che proclami “disastroso” anche il proprio voto solenne è piuttosto ridicolo.

Che cosa ha detto Abu Mazen in questa occasione solenne (per lui)? Si può sentire il suo discorso registrato sul meritorio canale MEMRI a questo link. In primo luogo ha affermato secondo un vecchio ritornello che non c’è alcun legame fra il popolo ebraico e il Monte del Tempio: “Loro [gli Israeliani] hanno scavato sotto al-Aqsa… hanno scavato ovunque e non sono riusciti a trovare nulla“. Poi ha sottolineato che “la proprietà di al-Buraq Wall [il Kotel o Muro Occidentale] e di al-Haram al-Sharif [il Monte del Tempio] appartiene esclusivamente e solo al Wakf islamico“. Alla faccia della storia e della convivenza pacifica fra religioni

In seguito è passato alla storia recente, affermando la bizzarra tesi che gli Stati Uniti e il Regno Unito sono stati responsabili dell’emigrazione di un milione di palestinesi durante la guerra del 1948. Questi due paesi “hanno direttamente la responsabilità politica ed etica per la Nakba del popolo palestinese perché hanno cooperato a rendere il nostro popolo una vittima quando hanno deciso di stabilire e impiantare un’altra entità [il popolo ebraico] nella nostra patria storica”. Gli Stati Uniti e il Regno Unito avrebbero fatto questo per “i propri scopi e obiettivi coloniali“, aggiungendo che “Israele non avrebbe continuato la sua ostilità e aggressione senza il sostegno che riceve da questi due paesi“. La colpa della Gran Bretagna sarebbe di aver emesso la Dichiarazione Balfour nel 1917, che riconosceva il diritto degli ebrei a una patria, e gli Stati Uniti sarebbero stati d’accordo con lei. Peccato che gli Usa non sottoscrissero affatto la dichiarazione Balfour e che la Gran Bretagna condusse in Terra di Israele una politica sempre più anti-ebraica dal 1925 al 1948, fino a sostenere la Giordania nella guerra contro Israele. La ragione: “Questi paesi volevano sbarazzarsi degli ebrei e beneficiare della loro presenza in Palestina“. Hanno commesso dunque “una promessa di chi non possiede a chi non merita. La Gran Bretagna diede la Palestina in dono a Israele. Perché la Palestina? Perché non hanno dato loro un’isola da qualche altra parte?” La battuta è efficace, ma completamente falsa. Gli inglesi non hanno regalato proprio niente a Israele, anzi cedendo alle pressioni arabe per impedire l’immigrazione ebraica che si erano impegnati a favorire, hanno permesso a Hitler di ammazzare milioni di ebrei in più.

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Abu Mazen ha quindi rivoltato l’accusa di menzogna sistematica che sempre giustamente riceve: “Gli israeliani e i sionisti continuano le loro false affermazioni secondo cui Israele ha fatto fiorire il deserto”, ha detto. “La Palestina era un deserto, dicono, e loro l’hanno fatta fiorire, un paradiso. Non possono che mentire. Ma cosa possiamo fare? Mentono e mentono proprio come Goebbels. Mentono, mentono e mentono finché la gente non crede”. I primi sionisti affermavano “falsamente” che “la Palestina era una terra senza popolo“, ma questo non era mai vero, ha detto Abbas, aggiungendo che i palestinesi erano discendenti dei cananei biblici. Anche questa è una menzogna ciclica. Peccato che nelle parole di Abbas e dei suoi gli arabi che sono arrivati in Giudea e Samaria, chiamati palestinesi solo da qualche decennio certe volte sono cananei, certe volte filistei, certe altre volte arabi o mitici popoli preistorici. Che le varie versioni siano incompatibili non conta, basta rivoltare la verità storica del loro carattere di invasore. Come ha detto lui stesso, mentire, mentire finché la gente non ti crede…

Nel suo discorso, Abbas ha chiesto una risoluzione a due stati del conflitto israelo-palestinese sulle linee precedenti al 1967 e ha insistito sulla sua disponibilità a tenere colloqui con Israele per raggiungere tale obiettivo.Allo stesso tempo, però, ha anche rivendicato i diritti dei palestinesi non solo sulle terre che sono amministrate da Israele a partire dal ‘67, ma anche su quelle su cui si è costitituito lo stato nel 1948. Di nuovo una contraddizione: due stati, ma anche uno stato solo; ovvero quel che è mio è mio e anche quel che è tuo è mio; su questa base trattiamo…

Ha affermato che le Nazioni Unite dovrebbero attuare le centinaia di risoluzioni che ha emesso a difesa dei diritti dei palestinesi, inclusa la risoluzione 181 del 1947, che ha affermato chiedeva l’istituzione di uno stato arabo “per il popolo palestinese sul 44% dell’area totale del centro storico La Palestina accanto allo stato di Israele”.

Con un’interpretazione del tutto insostenibile giuridicamente, Abbas ha sostenuto che questo sia il contenuto delle risoluzioni 181 e 194 che conclusero le duerre del ‘48 e del ‘67: Israele dovrebbe essere costretto ad accettarle e quindi consentire il “ ritorno” dei “profughi palestinesi” (e di tutti i milioni che pretendono di discendere da loro) o rischiare la sospensione dall’Onu. “Chiediamo ufficialmente oggi” che le Nazioni Unite insistano affinché Israele rispetti “queste risoluzioni o sospenda l’adesione di Israele alle Nazioni Unite“. Infine, naturalmente, L’ONU deve riconoscere la Palestina come stato membro dell’ONU e fornire ai palestinesi protezione internazionale.

Questa è la piattaforma politica dell’ ”uomo di pace” Abu Mazen: la distruzione di Israele via “ritorno dei profughi” e la sua sostituzione con il suo “stato di Palestina” fallito prima di nascere. Insomma un progetto perfettamente analogo a quello del 1948, che diede origine alla loro Nabka. Ma i palestinisti hanno una vocazione compulsiva al fallimento e ai disastri prima di tutto per se stessi. Come diceva Golda Meir, “non perdono mai l’occasione di perdere un’occasione”. E questa è un’ulteriore tappa della loro tristissima carriera.

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