Torino: un ebreo sionista di 105 anni racconta la sua vita straordinaria

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Emanuel Segre Amar
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Torino: un ebreo sionista di 105 anni racconta la sua vita straordinaria

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Nei giorni 11 e 12 giugno il Gruppo Sionistico Piemontese, insieme alla Comunità Ebraica di Torino, ha ospitato un personaggio davvero speciale: Georges Loinger, classe 1910 (il 29 agosto compirà 105 anni). Il Centro sociale di piazzetta Primo Levi era strapieno, con un pubblico solo in parte appartenente alla Comunità, e l’indomani la sala mensa della scuola era nuovamente piena di allievi della scuola che hanno scelto di tornare sui banchi nel primo giorno delle loro vacanze per ascoltare, dalla viva voce di Georges Loinger, delle parole che, di sicuro, ricorderanno per sempre.

Della Prima Guerra Mondiale Loinger ricorda, soprattutto, la lunga assenza del padre, partito militare. Quando iniziò gli studi di ingegneria, il padre lo convinse a studiare quanto necessario alla cura ed all’esercizio del corpo umano, il che gli sarebbe servito sia per insegnarlo a sua volta ai giovani, che sempre sarebbero stati al centro della sua attenzione, sia per mantenere quel controllo di se stesso che gli avrebbe permesso di compiere le tante azioni che lo avrebbero reso famoso, in Francia come in Israele.

Quando Hitler non era ancora stato eletto cancelliere, Loinger va ad ascoltare una conferenza del dr. Joseph Weill che, presentando il Mein Kampf, scritto da “un certo Hitler”, invita tutti gli astanti a leggerlo perché “quanto vi è scritto, questo uomo lo farà”. Fu proprio grazie a Weill se nacque in Francia quel movimento ebraico di resistenza ai tedeschi del quale fece parte Loinger; egli, essendo un francese alsaziano, aveva il vantaggio di essere bilingue, il che lo avrebbe poi salvato in molte circostanze.

Allo scoppio della guerra Loinger viene arruolato, ma l’esercito francese si dimostra ben presto incapace di resistere alle truppe tedesche, meglio organizzate ed animate dalla voglia di vendicare la sconfitta della Prima Guerra Mondiale. Tutto il suo battaglione viene fatto prigioniero e portato in un campo di concentramento dove Georges teme per la propria vita, memore delle minacce di Hitler nei confronti degli ebrei. È a questo punto che mette a frutto il proprio sangue freddo che lo aiuterà, per tutta la vita, ad affrontare i maggiori pericoli uscendone sempre indenne. Sfruttando la perfetta conoscenza del francese e del tedesco, da buon alsaziano, si fa assegnare agli uffici del campo dove deve tradurre documenti.
A questo punto riceve una lettera dalla adorata moglie Flore che gli fa sapere di essere impegnata, in un castello della famiglia Rothschild, ad aiutare 123 bambini ebrei tedeschi, soli e profughi dalla Germania. Georges non indugia quindi e decide di scappare dal campo per andare ad aiutare la moglie. A piedi attraversa mezza Germania e, giunto al confine francese, pensa di attraversarlo la notte di Natale quando, come aveva previsto, l’attenzione dei militari tedeschi sarebbe stata minore. Sotto una forte nevicata attraversa a nuoto (fu sempre un perfetto nuotatore) anche il fiume Doubs e si ritrova quindi nella “sua” Francia dove riuscirà a muoversi quasi tranquillo grazie ad un documento di ex combattente. Su questo non sta scritta la sua appartenenza alla “razza ebraica”, ma il nome del padre, Salomon, rappresentava comunque un pericoloso indizio.
Tutto il movimento di resistenza ebraica, sempre in collegamento con quella francese, si darà da fare per raccogliere molte centinaia di bambini ebrei soli e bisognosi di tutto. Spesso vengono affidati a famiglie che vivono nelle campagne, che, talvolta gratuitamente, talaltra chiedendo aiuti economici (che l’organizzazione ebraica faceva arrivare dagli Stati Uniti) li protessero in qualche modo.

Più difficile fu prestare aiuto ai piccoli di famiglie religiose, che chiedevano di rispettare le regole della kasheruth, le norme alimentari ebraiche, per rispetto verso gli insegnamenti dei loro genitori. Georges pensò quindi di farli espatriare in Svizzera, dove le Comunità ebraiche potevano continuare la propria vita in sostanziale tranquillità. E decise di sfruttare il fatto che le truppe italiane, che occupavano il Sud Est della Francia, si dimostravano piuttosto bendisposte verso gli ebrei nascosti; egli riuscirà a diventare amico di alcuni militari, e, in particolare, di un capitano che, conoscendo perfettamente la sua vera attività, fece in modo che nessuno lo ostacolasse. Quando poi le truppe italiane ricevettero l’ordine di ritirarsi, questo capitano gli comunicò personalmente che, da quel momento, avrebbe dovuto trovare altre soluzioni per continuare la sua opera.

Consapevole dell’importanza che Georges Loinger avrebbe dato a questa parte della sua conferenza, il presidente del Gruppo Sionistico Piemontese, Segre Amar, aveva invitato il generale dei Carabinieri Micale, comandante delle Regioni Piemonte e Valle d’Aosta, che è stato salutato con forti applausi da parte del pubblico presente.

Negli anni Georges ebbe modo di conoscere tanti passatori che prendevano per mano queste centinaia di bambini e, dietro compenso, li facevano entrare in Svizzera attraverso i rari varchi rimasti senza militari tedeschi. Strazianti erano i distacchi di questi bambini quando dovevano lasciare Georges, nel quale avevano fiducia piena, per andare verso l’ignoto con persone sconosciute. Alcuni di questi bambini, in alcuni casi già nonni, gli tributeranno grandi onori a YadVashem e poi a Washington (nel 1995).

Georges farà attraversare la frontiera con la Svizzera anche alla moglie e ai due figli di 7 anni e 18 mesi, ed in questo caso l’incontro pericoloso con un militare tedesco e col suo cane lo obbligò a inventare nuovi stratagemmi per salvare la situazione. Loinger si dice tuttavia convinto che questo militare abbia voluto permettergli di salvare la sua famiglia. Georges non espatriò e preferì continuare la sua opera di salvataggi fino alla fine della guerra, quando ritroverà la sua famiglia.

Fu a questo punto che, da Israele, dove le sue gesta erano conosciute, gli giunse l’ordine di collaborare nella trasformazione della nave Exodus, che venne sottoposta a lavori per poter imbarcare 4500 sopravvissuti dei campi (al posto dei 4/500 posti per i quali era stata costruita). Georges coi suoi amici farà sostituire anche i motori per poter navigare più velocemente delle navi da guerra inglesi che volevano impedirle di giungere a Haifa. Georges racconta come procurò anche tutti i veicoli necessari per portare i 4500 passeggeri fino al porto di Sète, e, come sempre, lo dice con semplicità, senza far osservare la difficoltà di una simile opera, al termine della guerra.

Nel 1959 con un suo amico carissimo, il prete gesuita Michel Riquet, ex prigioniero nei campi tedeschi, dove venne anche torturato, da sempre amico degli ebrei, organizzerà il primo congresso eucaristico del dopoguerra, a Barcellona; porteranno i delegati francesi e tedeschi, insieme, su una nave israeliana da lui stesso organizzata per l’occasione, e consegnerà una antica Bibbia al sindaco di Barcellona come dono inviato dalla città di Gerusalemme. Fu quella la prima “cosa” ebraica ad approdare in Spagna dopo la cacciata del 1492!

Nell’incontro con gli allievi della scuola ebraica Georges Loinger, dopo aver raccontato gli episodi salienti dei salvataggi di bambini da lui compiuti, ha dialogato a lungo con i piccoli, rispondendo anche alle loro numerose domande. “Dove trova questo coraggio?” gli è stato chiesto: “il est préférable de rire que de pleurer” (è meglio ridere che piangere).
Queste sono forse le parole che, più di tutte, descrivono questo fantastico personaggio che, ogni mattina, ancora oggi alla sua età, dedica 45 minuti ad una ginnastica studiata da lui stesso per attivare tutti i muscoli del corpo, e che presto si ripromette di descrivere in un nuovo libro.

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