Si dimette il Governo di unità nazionale palestinese. I negoziati Israele-Hamas spaventano Abbas

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Mario Del MonteEditor
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Medio Oriente

Si dimette il Governo di unità nazionale palestinese. I negoziati Israele-Hamas spaventano Abbas

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Il Governo di unità nazionale palestinese, nato lo scorso anno per sanare la frattura tra Hamas e Fatah, ha rassegnato ieri le dimissioni. Il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas ha incaricato il Primo Ministro uscente Rami Hamdallah di formare un nuovo governo dopo le consultazioni con le varie fazioni palestinesi.

La decisione di sciogliere il Governo tecnico era nell’aria da mesi a causa dell’impossibilità di operare nella Striscia di Gaza in cui Hamas ha continuato a detenere il potere arbitrariamente nonostante le promesse. Un’altra causa potrebbe essere la trattativa in corso tra l’organizzazione terroristica e Israele per consolidare formalmente la tregua entrata in vigore a fine Agosto. Alcuni funzionari dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina hanno fatto intendere che il prossimo Governo sarà probabilmente composto da politici e non da tecnici.

La situazione sembra molto simile a quella che portò alla dissoluzione del Governo transitorio diretto da Salam Fayyad. Come all’epoca la scelta di Abbas sembra dettata dalla volontà di trasmettere a Hamas un messaggio: il tempo della riconciliazione è finito, visto che ci avete ingannato non vi aiuteremo a risolvere i problemi di Gaza. Oltre a questa valenza simbolica è difficile pensare che la decisione avrà ulteriori conseguenze visto che nei fatti Hamas non ha mai permesso al Governo di intervenire direttamente nella Striscia. Inoltre se l’incarico sarà veramente affidato di nuovo a Hamdallah non è chiaro in che modo il nuovo esecutivo sarà diverso da quello precedente.

La maggior parte dei commentatori israeliani sono d’accordo nel considerare la mossa di Abbas come un tentativo di arginare il crescente sostegno per Hamas nella West Bank, altri invece pensano sia un gesto d’impotenza di fronte ai colloqui separati con Israele che rischiano di delegittimare la posizione dell’Autorità Nazionale Palestinese sulla scena internazionale. Nel caso in cui fossero confermate le indiscrezioni che vedono Israele pronto a discutere la possibilità di creare un porto a Gaza in cambio di un cessate il fuoco stabile e duraturo, Abbas ne uscirebbe seriamente indebolito anche sul fronte interno visto che questo accordo migliorerebbe significativamente la condizione economica dell’enclave palestinese senza il suo intervento.

Le possibilità che venga siglato un patto del genere sono minime ma non è detto che Netanyahu non venga spinto ad accettare dalla crescente pressione internazionale dovuta all’imminente accordo sul nucleare iraniano e al rapporto della Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite sulla guerra di Gaza che verrà pubblicato nei prossimi giorni. Una relativa calma sul confine Sud permetterebbe inoltre a Israele di riprendere i negoziati con l’ANP da una posizione di forza e di impegnare più risorse al Nord dove Hezbollah ha già cominciato a mostrare i muscoli.

I problemi per Abbas però non finiscono qui. Le misure intraprese dall’esercito israeliano in occasione del Ramadan sono state accolte positivamente dalla popolazione palestinese che si è mostrata più interessata a migliorare le opportunità economiche che a riprendere la strada della violenza.

A dire la verità l’ANP non è l’unico soggetto ad essere rimasto stupito dal riavvicinamento tra Israele e Hamas. L’Egitto infatti ha inaspettatamente deciso di riaprire il valico di Rafah e ha lasciato che migliaia di tonnellate di cemento fossero introdotte nella Striscia senza operare prima i normali controlli di sicurezza. Da un lato è possibile che questo sia dovuto alle pressioni dell’Arabia Saudita che vorrebbe tenere Hamas, nemico giurato degli egiziani perché appartenente ai Fratelli Musulmani, all’interno dello schieramento sunnita piuttosto che spingerlo nelle braccia dell’Iran, dall’altro al-Sisi potrebbe aver voluto indirizzare un messaggio agli israeliani: “Se trattate con i nostri nemici non aspettatevi un nostro impegno nel combattere il contrabbando di armi a Gaza”.

Non è possibile prevedere quali saranno le prossime mosse delle parti in causa. Nessuna iniziativa diplomatica fra Israele e ANP è in vista e qualsiasi azione unilaterale vorrà provare Abbas dovrà attendere la fine dei negoziati fra le sei potenze mondiali e l’Iran. In ogni caso sembra evidente che il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese vorrà sfruttare le voci sui colloqui fra Israele e Hamas per accusare l’organizzazione terroristica di Gaza di “aver ceduto al nemico sionista”.

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