Shoah, Angelo De Fiore: il poliziotto che salvò centinaia di ebrei

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Shoah, Angelo De Fiore: il poliziotto che salvò centinaia di ebrei

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Sembra una spy story. Una di quella da film, dove la suspense  si mischia all’empatia nei confronti del protagonista.

Nel nostro caso, il protagonista è Angelo De Fiore, vice questore di Roma negli Anni 40 del ‘900. Era il periodo dell’occupazione nazista, quando la Gestapo terrorizzava un’intera città. Il poliziotto del Trieste-Salario timbrava documenti falsi per salvare ebrei e oppositori al nazifascismo.

Si racconta che un giorno, sentendo l’arrivo dei soldati tedeschi, mise in disordine la scrivania per nascondere le lista delle persone ricercate. Ad aiutarlo un suo fedele collaboratore con cui condivise un’avventura che lo portò a diversi richiami dei suoi superiori e degli occupanti tedeschi.

Angelo De Fiore nacque a Rota Greca, in provincia di Cosenza, dove si laureò in giurisprudenza nel 1928 e vinse il concorso di funzionario della Pubblica sicurezza. Dopo aver prestato servizio in molte città, venne nominato vice questore a Roma, dove si trasferì all’età di 27 anni.

Allo scoppio della Guerra, Angelo De Fiore venne richiamato nei granatieri con il grado di maggiore, ricoprendo contemporaneamente il ruolo di vice questore dirigente dell’Ufficio stranieri, nelle cui vesti collaborò segretamente con la Delasem, organizzazione della resistenza antinazista e con l’opera assistenziale di monsignor Hugh O’Flaherty.

Per le sue eroiche gesta, ad Angelo De Fiore venne consegnata una medaglia d’oro nel marzo 1955 e venne riconosciuto come Giusto tra le nazioni Stato di Israele nel 1969.

Nel gennaio dello 2018, su richiesta dell’Unione delle Comunità Ebraiche, la città di Roma gli ha dedicato una targa a via Clitunno, dove De Fiore viveva.

Paolo De Fiore, figlio di Angelo, ha detto in un’intervista:

“La caccia agli ebrei era spietata e mio padre ne salvò molti a rischio della sua vita. Mi domando da dove trasse tutta questa forza e questo coraggio. Probabilmente credeva nella sua professione: obbediente alla legge, ma prima di tutto a quella della coscienza. Credo che mio padre, quando compiva queste azioni, pensasse a noi figli e al dovere di non poterci lasciare un mondo malvagio e crudele”.

Una bella storia che dimostra come si potesse fare qualcosa di più per non mandare a morire poveri innocenti.

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