Rilasciato dopo 30 anni Jonathan Pollard, la spia doppiamente tradita

Termina la spy story che aveva coinvolto Israele e gli Stati Uniti

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Rilasciato dopo 30 anni Jonathan Pollard, la spia doppiamente tradita

Termina la spy story che aveva coinvolto Israele e gli Stati Uniti

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Pollard liberato

È tornato a casa stamane Jonathan Pollard, la spia americana che fornì ad Israele documenti segreti dell’intelligence americana. Dopo 30 anni di carcere e l’insorgenza di gravi problemi di salute, la corte penale americana ha acconsentito di concedere la libertà condizionata a Pollard ed annullare la pena dell’ergastolo che gli era stata inflitta, unica detenzione a vita mai stabilita nei confronti di una spia.

Quella di Pollard è stata una delle più discusse e controverse storie di spionaggio, intrisa di accordi e tradimenti, misteri e accese polemiche provenienti tanto da Israele quanto dagli Stati Uniti. Il suo arresto avvenne nel 1985, mentre cercava invano di raggiungere l’ambasciata israeliana a Washington, ma secondo alcuni documenti emersi soltanto nel 2013, fu proprio Israele ad aiutare gli Usa a catturarlo, contrattando i termini di detenzione: secondo gli accordi, la spia non sarebbe dovuta restare in carcere per più di 10 anni. I fatti di cronaca raccontano poi che i servizi statunitensi non si attennero al patto e che imposero a Pollard una pena detentiva mai assegnata ad una spia, l’ergastolo. Lo stesso ex Ministro Rafi Eitan, incaricato dall’allora governo Shamir di collaborare con i servizi americani, ammetterà molti anni dopo di aver contribuito lui stesso ad implicare l’infiltrato nel caso di spionaggio, con la “garanzia” americana che la detenzione non si sarebbe protratta per più di una decade. Solo diversi anni dopo l’arresto, la diplomazia e la politica israeliane sono venute allo scoperto ammettendo ciò che c’era stato dietro la vicenda, ma prima di allora Jonathan Pollard fu lasciato solo.

Negli anni subito successivi alla scoperta dell’attività di spionaggio, Shamir negava addirittura il coinvolgimento del governo nella vicenda e affermava che i servizi segreti israeliani avessero agito senza informare la politica nazionale. La storia ovviamente non reggeva, altrimenti – come fece notare il giornalista Avigdor Livni su Repubblica nel 1987 – non si spiegava perché il governo israeliano non avesse preso nessun provvedimento nei confronti dei propri servizi segreti che avevano intrapreso una missione così delicata senza autorizzazioni.

I governi statunitensi hanno ritenuto per 30 anni di non dover ritrattare la pena di Pollard perché ritenuto pericoloso per gli Stati Uniti, ma ciò potrebbe apparire più come una lezione che l’America ha voluto dare per il tradimento di un cittadino ebreo in favore di Israele. Questo perché secondo alcuni documenti forniti di recente dalla CIA, Pollard non avrebbe passato ad Israele informazioni dirette sugli Stati Uniti, ma documenti statunitensi riguardanti il nucleare in Pakistan, le armi chimiche siriane, gli armamenti sovietici e alcune immagini del quartier generale dell’OLP in Tunisia. Prima della decisione americana di scarcerare il detenuto, fra coloro che sono intervenuti pubblicamente in favore del rilascio di Pollard vi fu anche Gilad Shalit, il soldato israeliano tenuto in ostaggio da Hamas per 5 anni e rilasciato soltanto in cambio di 1027 terroristi palestinesi.

Gli Stati Uniti chiedono in continuazione ad Israele gesti di buona volontà anche solo per sedersi al tavolo dei negoziati con i palestinesi, sostenne Shalit, e tra questi gesti è stato chiesto più volte di liberare terroristi con le mani ancora sporche del sangue versato; ora il governo americano non può rilasciare una spia dopo quasi 30 anni di detenzione? Ora che Jonathan Pollard è stato rilasciato, ci si chiede se ciò non si possa considerare una sorta di “gesto di buona volontà” nei confronti di Israele proprio in questo momento di crisi diplomatica dei due paesi nata dopo l’accordo sul nucleare iraniano, anche se tanto gli israeliani quanto gli americani negano che ci sia alcun collegamento. Ora Pollard potrà avere una casa e un lavoro a New York, anche se non potrà lasciare il paese per almeno 5 anni.

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