Piattaforma Gaza: i dati delle ONG palestinesi per screditare Israele

Victor Scanderbeg Romano
Victor Scanderbeg RomanoAnalista Storico-Politico
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Medio Oriente

Piattaforma Gaza: i dati delle ONG palestinesi per screditare Israele

Medio Oriente
Victor Scanderbeg Romano
Victor Scanderbeg RomanoAnalista Storico-Politico

Dalle pagine de Il Fatto Quotidiano Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, annuncia trionfante:

“La settimana scorsa Amnesty International e Architettura legale hanno presentato la “Piattaforma Gaza”, uno strumento d’indagine realizzato per evidenziare le caratteristiche comuni degli attacchi condotti da Israele nel luglio e nell’agosto 2014 durante il conflitto di Gaza.
Per diversi mesi, una squadra di ricercatori a Londra e a Gaza ha messo insieme e pubblicato sulla “Piattaforma Gaza” i dati raccolti dalle organizzazioni per i diritti umani che operano nella Striscia di Gaza, al Mezan e il Centro palestinese per i diritti umani, così come quelli di Amnesty International.”

Sebbene il soggetto che più necessita di approfondimento sia Architettura Legale (Forensic Architecture), mi sembra opportuno iniziare dagli enti e dalle organizzazioni che forniscono i dati necessari al funzionamento della “Piattaforma Gaza”.

Delle non meglio identificate “organizzazioni per i diritti umani” citate dal portavoce di Amnesty Italia posso dire poco, ma nella maggior parte dei casi c’è un buon livello di connivenza con Hamas e con l’estremismo islamico. Per quanto riguarda Al Mezan e il Centro Palestinese per i diritti umani posso invece spendere qualche parola in più.

La provenienza dei dati usati dalla Piattaforma

La provenienza dei dati usati dalla Piattaforma

Al Mezan ha sede in Gaza City ed è un’organizzazione entrata appieno nel web 2.0. I suoi hashtag #NoMoreImpunity e #JusticeForGaza campeggiano sulla homepage e ogni articolo riprende i soliti temi pro-palestina, ma, incredibile dictu, delle colpe di Hamas non si fa menzione. Uno dei suoi finanziatori principali è la Swiss Agency for Development & cooperation (SDC), che finanzia in modo consistente anche un’altra organizzazione pro-Palestina, l’Applied Research Institute Jerusalem (ARIJ). La SDC è, peraltro, già nota per aver donato oltre 50.000 euro anche alla Islamic Relief Worldwide (IRW), ente bandito da Israele e dalla West Bank per aver versato denaro nelle casse di Hamas.
Ovviamente, Al Mezan fa parte del PNGO (Palestinian Non-Governmental Organizations Network), uno dei maggiori fautori del BDS, il movimento volto al boicottaggio dei prodotti israeliani e, più in generale, alla distruzione dell’economia del paese.

Il Centro Palestinese per i diritti umani (PCHR) può vantare, se possibile, un curriculum peggiore. Finanziatori a parte (fra cui spicca, purtroppo, l’UE), il PCHR ha dimostrato una spiccata vena anti-israeliana fin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1995 a Gaza City. Si tratta, per intenderci, di una ONG che ha paragonato Hezbollah ai partigiani francesi della seconda guerra mondiale, e ha accusato Israele di pulizia etnica, apartheid, crimini di guerra, crimini contro l’umanità, uccisioni indiscriminate di civili e voluta giudaizzazione di Gerusalemme. Quanto ai dati che potrà fornire ad Amnesty, c’è da dire che alla fine della Guerra del 2009 dichiarò, per aumentare le stimate perdite civili, che erano morti solo 252 militanti di Hamas. Fu la stessa Hamas a smentire il PCHR dichiarando 700 morti nelle proprie fila. Per essere una fonte privilegiata di Amnesty non mi sembra abbia un bel passaporto. Attivissima nel BDS, a questo si deve aggiungere che è stata questa ONG a fornire buona parte del materiale contenuto nell’infame “Goldstone Report”.

Dall’account Twitter del capo progetto della Piattaforma. In uno dei retweet (in alto a destra) si accusa addirittura Israele delle inondazioni dovute alle forti piogge

Dall’account Twitter del capo progetto della Piattaforma. In uno dei retweet (in alto a destra) si accusa addirittura Israele delle inondazioni dovute alle forti piogge

Basterebbe questo a minare completamente la credibilità del progetto, ma purtroppo c’è dell’altro. Il progetto Forensic Architecture (Architettura Legale), che si è occupato della realizzazione tecnica della “Piattaforma Gaza” è composto da un buon numero di “pro-palestina”. Non c’è da meravigliarsi, visto che opera presso la Goldsmiths University of London, la stessa in cui l’anno scorso la mozione per la celebrazione dell’Olocausto è stata rigettata con 60 voti a 1 (quello del promotore).

Forensic Architecture, guidata dall’ebreo israeliano Eyal Weizman e finanziata in toto da fondi europei, si spende da qualche anno su un argomento di dubbio senso intellettuale: la presunta “architettura della violenza” con cui Israele tenta di distruggere psicologicamente i palestinesi. Ora, rimane difficile capire per quale motivo un progetto del genere abbia potuto usufruire di un finanziamento quinquennale dell’UE in base al programma ERC Starting Grants, visto l’eccellenza scientifica è uno dei requisiti richiesti.

Eyal Weizman, come le due ONG sopra citata, non sembra fare dell’imparzialità il suo punto di forza, visto che meno di un anno fa ha dichiarato ad Al-Jazeera:
“L’architettura e l’ambiente costruito da Israele è una sorta di lenta violenza. L’occupazione è uno spazio che è stato concepito per strangolare le comunità Palestinesi, i villaggi e le città, per creare un ambiente che sia per loro invivibile.”

La “legal researcher” di Forensic Architecture è, fra l’altro, Shourideh C. Molavi, che pochi mesi fa ha pubblicato il libro Stateless Citizenship: The Palestinian-Arab Citizens of Israel, in cui muove pesanti accuse allo Stato di Israele.

Atri tweet di Sebregondi

Atri tweet di Sebregondi

Per concludere, a capo del progetto “Piattaforma Gaza” c’è Francesco Sebregondi.

Come potete vedere dalle immagini proposte in questo articolo, il suo profilo Twitter vanta centinaia di retweet da “Free Gaza Movement”, “Al-Haq”, “Electronic Intifada”, “Palestine Solidarity Campaign”, “Yesh Din”, “Palestine Legal”, cosa che ci porta a immaginare quantomeno un preconcetto negativo nei confronti di Israele.
Come Eyal Weizman, anche lui è particolarmente apprezzato dalla rete televisiva del Qatar. Insegna inoltre presso il Royal College of Arts, che ultimamente ha aperto dei bootcamp in Qatar, noto finanziatore di Hamas e ISIS.

Insomma, questo progetto non sembra il massimo dell’imparzialità, voi che dite?

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