L’Italia e l’adesione della definizione di antisemitismo dell’IHRA. E’ proprio così?

Ugo Volli
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L’Italia e l’adesione della definizione di antisemitismo dell’IHRA. E’ proprio così?

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Il 17 gennaio scorso il primo ministro Conte ha emesso un comunicato in cui si dice “”Nel Consiglio dei ministri di questa mattina, insieme alla nomina di Milena Santerini abbiamo voluto con ancora piu’ decisione affermare la necessita’ della lotta ad ogni forma di discriminazione, adottando una definizione comune di antisemitismo. E’ quella dell’Alleanza Internazionale per la memoria dell’Olocausto (Ihra), di cui facciamo parte come Paese, in accordo con l’indicazione anche del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa.” Sembrava una risposta puntuale alla richiesta di Salvini, espressa il giorno prima a un convegno sull’antisemitismo tenuto a Milano.

Tutto il mondo ebraico italiano si è complimentato, hanno espresso la loro soddisfazione la Presidente dell’Unione della Comunità Ebraiche Italiane, quella della Comunità di Roma, di gran lunga la più importante d’Italia, l’Ambasciatore di Israele.

Peccato che non sia vero o solo parzialmente vero. Il comunicato della presidenza del consiglio dei ministri dice a proposito quanto segue: “Il Consiglio dei Ministri, in coerenza con la risoluzione sulla lotta contro l’antisemitismo adottata dal Parlamento europeo il 1° giugno 2017 e con le conclusioni del Consiglio europeo del 13-14 dicembre 2018, ha accolto la seguente definizione di antisemitismo: ‘L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio nei loro confronti. Le manifestazioni retoriche e fisiche di antisemitismo sono dirette verso le persone ebree, o non ebree, e/o la loro proprietà, le istituzioni delle comunità ebraiche e i loro luoghi di culto’.”

antisemitismo Italia IHRAMa la clausola accettata dal Consiglio dei ministri (a quanto pare sulla base di un compromesso politico firmato dal capodelegazione PD Franceschini) è solo la frase iniziale e tutto sommato la più banale della definizione dell’IRHA, così banale che potrebbe probabilmente essere accettata anche dagli antisemiti. E da comparire nei dizionari più comuni, come il Sabatini Colletti (“Ostilità, avversione preconcetta contro gli ebrei; politica persecutoria nei loro confronti”), lo Hiepli (Atteggiamento di ostilità contro gli ebrei ) ecc. Lo sottolinea per esempio una dichiarazione vaticana che risale all’atto in cui nel 1928 la Santa Sede sciolse d’autorità l’associazione Opus sacerdotale Amici Israel, rea di filosemitismo: “odium adversus populum olim a Deo electum, odium nempe illud, quod vulgo ‘antisemitismi’ nomine nunc significari solet” ( l’odio contro il popolo un tempo eletto da Dio, quell’odio, cioè, indicato di solito con il nome di ‘antisemitismo. La citazione si trova qui). Il fatto è che la definizione dell’IRHA è molto più lunga e la parte significativa consiste nella spiegazione di quella “certa percezione”. Ecco quel che manca nel testo del governo italiano:

“Per facilitare l’IHRA nel suo lavoro, le seguenti spiegazioni possono servire come esempi: Le manifestazioni possono avere come obiettivo lo Stato di Israele concepito come una collettività ebraica. Tuttavia, le critiche verso Israele simili a quelle rivolte a qualsiasi altro paese non possono essere considerate antisemite. L’antisemitismo spesso accusa gli ebrei di cospirare per danneggiare l’umanità, e se ne fa ricorso di frequente per dare la colpa agli ebrei quando “le cose non funzionano”. L’antisemitismo si esprime nel linguaggio scritto e parlato, con immagini e con azioni, usa sinistri stereotipi e fattezze caratteriali negative per descrivere gli ebrei. Considerando il contesto generale, esempi contemporanei di antisemitismo nella vita pubblica, nei mezzi di comunicazione, nelle scuole, sul posto di lavoro e nella sfera religiosa includono – ma non si limitano a:

• Incitare, sostenere o giustificare l’uccisione di o il male contro gli ebrei in nome di un’ideologia radicale o una visione religiosa estremista.

• Fare insinuazioni mendaci, disumanizzanti, demonizzanti o stereotipate degli ebrei come individui o del loro potere come collettività – per esempio, specialmente ma non esclusivamente, il mito del complotto ebraico mondiale o degli ebrei che controllano i mezzi di comunicazione, l’economia, il governo o altre istituzioni all’interno di una società.

• Accusare gli ebrei come popolo responsabile di reali o immaginari crimini commessi da un singolo ebreo o un gruppo di ebrei, o persino da azioni compiute da non ebrei.

• Negare il fatto, la portata, i meccanismi (per esempio le camere a gas) o l’intenzione del genocidio del popolo ebraico per mano della Germania Nazionalsocialista e dei suoi seguaci e complici durante la Seconda Guerra Mondiale (l’Olocausto).

• Accusare gli ebrei come popolo o Israele come stato di essersi inventati l’Olocausto o di esagerarne i contenuti.

• Accusare i cittadini ebrei di essere più fedeli a Israele o a presunte priorità degli ebrei nel mondo che agli interessi della loro nazione.

• Negare agli ebrei il diritto all’autodeterminazione, per esempio sostenendo che l’esistenza dello Stato di Israele è una espressione di razzismo.

• Applicare due pesi e due misure nei confronti di Israele richiedendo un comportamento non atteso da o non richiesto a nessun altro stato democratico.

• Usare simboli e immagini associate all’antisemitismo classico (per esempio l’accusa del deicidio o della calunnia del sangue) per descrivere Israele o gli israeliani.

• Fare paragoni tra la politica israeliana contemporanea e quella dei Nazisti.

• Considerare gli ebrei collettivamente responsabili per le azioni dello Stato di Israele.

Gli atti di antisemitismo sono considerati crimini se vengono così identificati e definiti dalla legge del paese (per esempio, negazione dell’Olocausto o la distribuzione di materiali antisemiti in alcuni paesi). Gli atti sono considerati criminali quando l’obiettivo dell’attacco, sia che sia un individuo o una proprietà – edifici, scuole, luoghi di culto o cimiteri – sono scelti perché sono, o sono percepiti, ebrei, ebraici o legati agli ebrei. La discriminazione antisemita è la negazione nei confronti degli ebrei di opportunità o servizi che sono disponibili agli altri ed è illegale in molti paesi.”

Come vedete, in questa vera definizione dell’IRHA sono compresi il negazionismo, l’antisionismo, le tre D di Sharanzki (Delegittimazione, Demonizzazione, Doppio Standard). E’ questa parte mancante della definizione quella importante, che gli antisemiti non accettano, e il Consiglio dei Ministri italiano non l’ha affatto adottata. Prima di rallegrarci, chiediamo che completi il riconoscimento e aspettiamo che lo faccia.

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