Il Monte del Tempio e la scusa del sacrilegio

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Israele

Il Monte del Tempio e la scusa del sacrilegio

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Il 28 settembre 2000 Ariel Sharon, allora Primo Ministro Israeliano, si recò presso la Spianata delle Moschee – dove sorgevano il Primo e il Secondo Tempio di Salomone – e da lì i palestinesi trovarono un pretesto ufficiale per dare il via alla Seconda Intifada, un susseguirsi di sangue e violenza ai danni degli ebrei. La passeggiata di Sharon venne considerata sacrilega, in un luogo parimenti sacra per gli ebrei e per i musulmani, anche se per i secondi qualche storico ed esperto di religioni potrebbe dissentire, in quanto Gerusalemme non è mai menzionata nel Corano. Ma non è questo il punto, si parta dal presupposto che Gerusalemme e la Spianata delle Moschee siano sacri per entrambi.

Ieri anche il sindaco della città di Nir Barkat si è recato presso il Monte del Tempio (l’antico nome del sito prima della costruzione della Moschea di Al-Aqsa) e stavolta è stato un sito web legato a Hamas a parlare di “sacrilegio!”, e la stampa internazionale subito si è avventata a riportare la notizia, come se un politico israeliano non potesse passeggiare su un luogo sacro in Israele; come se un deputato arabo non potesse recarsi a Muro del Pianto.

La realtà che la stampa si guarda bene dal ricordare, è che per i palestinesi – dell’ANP come di Hamas – ogni ebreo che cammini sulla strada del Monte del Tempio rappresenta un atto sacrilego. Ogni ebreo, israeliano o straniero, che voglia visitare l’unico luogo sacro per l’ebraismo, è considerato una persona che non rispetta l’islam. A dimostrarlo sono le continue aggressioni e gli attacchi che le forze di polizia

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e i visitatori subiscono ogni giorno da parte di giovani a volto coperto che lanciano molotov e grosse pietre.
I titoli devono però far clamore, ci insegnano i giornalisti, quindi cosa c’è di meglio di un “Politico israeliano provoca i palestinesi con una passeggiata sulla Spianata, scoppia la terza intifada”. Piacerebbe molto ai cacciatori di scoop, ma la realtà è un’altra e non è neanche nascosta.

La scorsa settimana, il Premier del governo di unità nazionale palestinese, Rami Hamdallah, in una visita proprio alla Spianata ha dichiarato: “Noi siamo qui per dire che Gerusalemme è la capitale dello Stato di Palestina e una parte importante del programma nazionale. L’occupazione è illegale e illegittima. Tutti i provvedimenti israeliani e gli insediamenti sono illegali”.

Non sembra dunque essere un problema di religioni e sacrilegi, ma la volontà di riportare Gerusalemme allo status pre 67′, quando agli ebrei non era permesso neanche di recarsi a pregare al Muro Occidentale (o Muro del Pianto). Convivenza è la parola d’ordine, ma pare che qualcuno non sia ancora pronto.

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