Il diritto del prigioniero: le nostre tasse finanziano il terrorismo palestinese

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Mario Del MonteEditor
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Israele

Il diritto del prigioniero: le nostre tasse finanziano il terrorismo palestinese

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Nel Novembre 2013 i deputati del Congresso degli Stati Uniti scoprirono, grazie al lavoro del giornalista Edwin Black, che i soldi destinati al programma di sviluppo dell’Autorità Nazionale Palestinese, provenienti dalle tasse dei cittadini americani, venivano spesi per finanziare un programma chiamato “diritto del prigioniero”, una sorta di stipendio da corrispondere a tutti quei palestinesi rinchiusi nelle prigioni israeliane per atti di terrorismo. Una cifra fra i 3 e i 7 milioni di dollari al mese che, invece di incentivare azioni positive o incoraggiare la cooperazione fra le 2 fazioni, serve a fomentare l’odio e i massacri di civili israeliani.

Il diritto del prigioniero prevede una scala di intensità per la quale maggiore è il periodo di detenzione (e quindi di conseguenza la gravità del crimine) maggiore è il salario mensile: reclusioni dai 3 ai 5 anni equivalgono a un compenso di 515 dollari (uno stipendio molto più alto di quelli che vengono percepiti da normali lavoratori della West Bank), una pena dai 10 ai 15 anni garantisce l’incredibile cifra di 1,545 dollari al mese e gli atti di terrorismo più gravi, che prevedono condanne oltre i 20 anni, fruttano ai terroristi e alle loro famiglie 2,189 dollari al mese, una delle migliori remunerazioni ottenibili nei territori amministrati da ANP. Questi pagamenti non vengono effettuati in via automatica e non possono essere in nessun modo bollati come “sviste”. Ogni caso è preso singolarmente e scrutinato da alte cariche dell’ANP, a volte da Mahmoud Abbas stesso, prima di essere approvato.

le condizioni "disumane" dei terroristi palestinesi incarcerati

le condizioni “disumane” dei terroristi palestinesi incarcerati

Il budget annuale dell’Autorità Nazionale Palestinese è stimato in circa 4 miliardi di dollari e si avvale delle donazioni di paesi esteri tra cui gli Stati Uniti d’America che contribuiscono con 400 milioni l’anno. Non è chiaro come sia possibile che i soldi dei cittadini americani vadano a sostenere e incoraggiare, anche se in modo indiretto, il terrorismo internazionale nonostante alcune specifiche leggi federali lo vietino esplicitamente.

Grazie alla scrupolosa attività burocratica dell’organizzazione governativa palestinese, che ha bisogno di registrare i terroristi e le loro azioni prima di approvare il piano di compensazione, Edwin Black è riuscito ad individuare il caso di Ahmad Talab Mustafa Barghouti per spiegare in modo semplice cosa accade di solito grazie a questo sistema. Barghouti, coinvolto in numerosi atti di terrorismo, è stato condannato nel 2002 a 13 ergastoli. Documenti interni all’amministrazione di ANP datati 2009 mostrano come il suo salario è stato attivato il 1 Luglio 2002, primo giorno di detenzione di Barghouti. Al momento dell’arresto Barghouti era un sergente della polizia palestinese, durante la sua permanenza nelle carceri israeliane il suo stipendio è gradualmente cresciuto (e regolarmente inviato mensilmente in un conto di una banca di Ramallah) ed è stato promosso al grado di maresciallo.

Il diritto del prigioniero è strettamente collegato al Martyrdom Estabilishment con cui 288 milioni di shekel sono stati pagati dall’Autorità Nazionale Palestinese alle famiglie di terroristi morti negli attacchi, considerati “martiri di al-Aqsa” se nel loro assalto hanno ucciso e ferito un certo numero di israeliani, un’azione considerata addirittura come “dovere nazionale” dall’organizzazione guidata da Abbas. Le famiglie dei martiri ricevono più o meno 1,200 shekel al mese.

Si tratta di terroristi che vengono ricompensati per le loro azioni non grazie a un programma senza volto finanziato da figure poco chiare, ma per via di un progetto ufficiale meticoloso che è in vigore già da alcuni anni e probabilmente lo sarà ancora per molti. Tutto questo viene presentato ai donatori internazionali sotto la dizione “stipendi del governo” mentre i contribuenti Occidentali non immaginano neanche di star alimentando le fiamme del terrorismo.

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