Tregua a Gaza? Un bene per Israele e i palestinesi, un male per Hamas e ANP

Un accordo che forse già funziona e che forse non c’è, ma che è comunque una vittoria di Israele.

Ugo Volli
Ugo Volli
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Israele, Medio Oriente, Terrorismo

Tregua a Gaza? Un bene per Israele e i palestinesi, un male per Hamas e ANP

Un accordo che forse già funziona e che forse non c’è, ma che è comunque una vittoria di Israele.

Si parla con insistenza di un accordo di tregua concluso o in via di conclusione fra lo Stato di Israele e Hamas. Un giornale libanese vicino ai terroristi, ha pubblicato le dieci clausole dell’accordo (le trovate qui tradotte in italiano in un articolo di Yossy Raav). Hamas si impegnerebbe a non consentire l’assalto al confine, pur mantenendo le manifestazioni fino alla fine dell’anno. Sembra che di questa clausola faccia parte anche il blocco dei palloni incendiari ed esplosivi. Israele dal canto suo estenderebbe la zona di pesca permessa fuori Gaza dalle 6 miglia attuali (erano 12 fino al mese scorso) fino alle 14 miglia, terrebbe aperti i valichi merci e passeggeri, facendo passare i rifornimenti pagati soprattutto dal Qatar. Altre clausole sono più fantasiose, come quella di 5000 ingressi di giovani lavoratori in Israele o di una supervisione delle nazioni unite e della Russia sulla tregua. Israele non può accettare né il primo né il secondo punto per ovvi motivi, e ha già smentito: è chiaro che si tratta di idee propagandistiche di Hamas.

Qualcuno ha polemizzato contro l’ ”arrendevolezza” di Israele. In realtà  l’accordo non è stato concluso e forse non lo sarà mai, ma è in atto un tentativo di mediazione egiziana e né Israele, che ha sul campo una quasi-alleanza con l’Egitto di Al Sisi né i terroristi che temono l’isolamento e le possibili rappresaglie vogliono apparire come gli affossatori della mediazione. Fatto sta che lo scorso venerdì – il giorno della settimana che Hamas ha scelto per lanciare i suoi assalti al confine con Israele – è stato il meno violento da molto tempo in qua, dopo che Hamas aveva dato l’indicazione di “cambiare tattica” . Una prova in più, se ce n’era bisogno, che è proprio il movimento terrorista a controllare le “masse spontanee” della “marcia del ritorno” .

Il nemico principale della tregua non è Israele né Hamas, che in teoria sono i contendenti, ma l’Autorità Palestinese, che trova conveniente che i confini israeliani siano insidiati dai terroristi della sua concorrenza e anche che Israele li bastoni, dato che Abbas sta cercando di schiacciarli economicamente per costringergli a mollargli il potere su Gaza. Dunque l’Autorità Palestinese cerca di bloccare l’Egitto, intima a Israele di non passare gli aiuti internazionali a Gaza senza passare per la sua approvazione (e le sue mazzette). E’ comunque possibile che la situazione evolva verso una tregua di fatto, come spesso è accaduto in passato e anche che essa sia in qualche modo formalizzata con la mediazione egiziana.

gaza-israele-tregua-hamas-progetto-dreyfusBisogna dire che escluse le clausole che ho già indicato come irrealistiche, l’apertura dei valichi, il recapito degli aiuti internazionali e l’estensione della zona di pesca sono cose che Israele può certamente concedere, perché le aveva sospese (e neanche del tutto) solo in seguito alle manifestazioni violente. In generale, la politica israeliane è dare calma in cambio di calma. Israele non ha interesse a un confronto militare sul confine, non desidera certamente sparare addosso ai gazani che Hamas manda all’assalto del confine, vuole che i villaggi vicino al confine possano vivere in pace e che smetta il terrorismo dei palloni molotov. In particolare non vuole affamare Gaza, anzi ha sempre pensato che il progresso economico potrebbe togliere alla popolazione velleità terroristiche. Se ottiene una situazione normale al confine di Gaza senza mettere a rischio la vita dei soldati e senza i bombardamenti missilistici e le difficoltà internazionali che si scatenerebbero in caso di operazione militare. ha realizzato il suo obiettivo politico. Può ben consentire il passaggio del carburante pagato dal Qatar e lasciare che i pescatori di Gaza vadano più al largo: entrambe le cose presentano qualche problema di sicurezza ma certamente risolubile.

Chi in questo caso subirebbe una sconfitta politica pesante sarebbe invece Hamas, che avrebbe mandato a morire 200 e passa dei suoi sostenitori per ritrovarsi esattamente nella posizione di partenza. Ma questo corrisponde alla situazione politica generale: in Medio Oriente la “questione palestinese” ha perso la sua centralità e il potere di veto delle organizzazioni palestiniste è ormai agli sgoccioli, come mostrano gli incontri di Netanyahu in Oman e di altri ministri negli emirati. Il nemico comune a Israele e al mondo sunnita è l’imperialismo iraniano ed è questo oggi che conta.

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