9 ottobre 1982, la fuga di Al Zomar dopo l’attentato alla Sinagoga di Roma

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David Spagnoletto
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9 ottobre 1982, la fuga di Al Zomar dopo l’attentato alla Sinagoga di Roma

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A prima vista potrebbe sembrare una storia italiana. Una di quelle che ha caratterizzato i primi decenni della storia repubblicana.

Un attentato di cui non si conoscono i veri mandanti, ma solo la manovalanza, spesso neanche per intero. Perché in Italia, durante gli Anni Piombo si sono conosciute le identità di molte vittime e di pochi carnefici.

Ma questa non è esclusivamente una storia dai contorni nostrani.

È una storia che si può raccontare solo all’interno della divisione dei blocchi, dei paesi non allineati, dello stragismo, delle coperture, delle connivenze, degli attentati e dei dirottamenti aerei, divenuti strumento di ricatto per stipulare patti segreti tra le democrazie e i terroristi.

È la storia di Osama Abdel Al Zomar, condannato in contumacia per il reato di strage dalla corte d’appello di Roma nel 1991, perché accusato di far parte del commando che il 9 ottobre 1982 sparò all’impazzata contro la folla che stava uscendo dalla Sinagoga Maggiore della capitale, uccidendo il piccolo Stefano Gay Taché di soli due e anni e ferendo 37 persone.

Secondo la ricostruzione dell’allora fidanzata italiana, Osama Abdel Al Zomar avrebbe avuto il ruolo di basista nell’atto terroristico che colpì al cuore l’ebraismo romano.

Intervistata negli ultimi giorni da Repubblica, l’attuale professoressa di 62 anni ha detto che la sera del 9 ottobre parlò con lui dell’attentato dopo aver sentito la notizia al TG1:

“Discutemmo, perché lui provava a giustificarli. Qualche giorno dopo mi disse che aveva avuto un ruolo, come basista. E poi scappò”.

Qualcosa però nelle settimane precedenti aveva insospettito la donna: l’acquisto di una Mercedes da parte dello “squattrinato” Al Zomar.

La segnalazione allora riuscì a portare all’automobile e al suo proprietario grazie a una multa in una zona vicina al quartiere ebraico romano. Almeno così dissero le autorità italiane, che su quel maledetto giorno avrebbero ancora molte cose da rivelare.

Degli attentatori, quindi, solo Al Zomar venne individuato, gli altri (di cui non si conosce l’esatto numero) furono inghiottiti dai segreti della storia grazie a coperture logistiche locali e internazionali.

Osama Abdel Al Zomar fece la sua ricomparsa in Grecia meno di un mese dopo l’attentato. Era il 20 novembre 1982, giorno in cui il terrorista palestinese venne arrestato al confine turco, perché nella sua auto, con la targa di Bari, venne trovato un carico di esplosivo. Condannato per traffico di armi fu rilasciato dopo un periodo nelle carceri greche.  

Rilasciato, riuscì a raggiungere la Libia, nonostante le richieste di estradizione avanzate dall’Italia al governo di Atene.

Dal 1991 di Al Zomar non si hanno notizie. Secondo alcuni fonti pare siamo rimasto in Libia fino alla caduta del regime di Gheddafi, secondo altre sembra sia morto assieme ai suoi segreti.

Le domande sono diverse.

Quali sono le reti logistiche che hanno permesso ad Al Zomar (come gli altri attentatori del 9 ottobre 1982) di fuggire dall’Italia?

Dal 9 ottobre al 20 novembre 1982, dove è stato? L’esplosivo ritrovato nella sua automobile a chi e per cosa era destinato?

Perché la Grecia si è opposta all’estradizione in Italia?

Magari per patti segreti, che oggi come allora, sono inconfessabili…

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