Addio a Meir Dagan, ex capo del Mossad ed eroe israeliano

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Mario Del MonteEditor
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Addio a Meir Dagan, ex capo del Mossad ed eroe israeliano

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meir dagan

Dopo una lunga taglia contro il cancro è deceduto all’età di 71 anni Meir Dagan, ex capo del Mossad nel periodo 2002-2011. Nato nel 1945 da due sopravvissuti alla Shoah, Dagan ricevette la carica dall’allora Primo Ministro Ariel Sharon. La leggenda vuole che Sharon al momento di affidargli l’incarico nell’Ottobre 2002 gli chiese “un Mossad con il coltello fra i denti”.

Secondo i media internazionali Dagan ha concentrato i suoi sforzi nell’impedire all’Iran di sviluppare armamenti nucleari. Ci sarebbe infatti il Mossad dietro l’uccisione di cinque importanti scienziati iraniani e l’infezione di numerosi computer nella centrale nucleare di Natanz con un virus informatico che arrestò bruscamente lo sviluppo delle centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. Inoltre il Mossad avrebbe cooperato con la CIA nel 2008 per eliminare a Damasco Imad Mughniyeh, uno dei più importanti membri dell’organizzazione terroristica libanese Hezbollah. Meno nota è invece la vicenda della distruzione del reattore nucleare siriano Al Khibar: nel 2007 gli agenti del Mossad entrarono in possesso di un portatile appartenuto al Direttore della Commissione per l’Energia Atomica Siriana con cui individuarono il reattore dando così la possibilità al Primo Ministro Olmert di ordinare un raid aereo.

Dagan è cresciuto a Bat Yam, una città costiera poco distante da Tel-Aviv, si è arruolato nei paracadutisti ed è diventato comandante dell’Unità Rimon negli anni ’70 dove si è distinto in un periodo in cui il terrorismo palestinese era al suo apice. Grazie a questo incarico fu promosso nelle alte sfere dell’IDF fino a raggiungere il grado di Maggiore Generale.

Tra i tanti meriti attribuitigli c’è quello di aver sviluppato, grazie alle esperienze nella Striscia di Gaza e nel Sud del Libano, una dottrina militare in grado di contrastare la guerriglia urbana dei gruppi armati palestinesi e libanesi. I suoi ex commilitoni dicevano di lui: “un combattente audace pronto a tutto per raggiungere il suo obiettivo”. Amico e confidente di Ariel Sharon, Dagan fu uno dei pochi capi dei servizi segreti occidentali che riuscì ad intessere un rapporto di fiducia con l’ex Presidente degli Stati Uniti George W. Bush che ne lodò la mentalità creativa nel campo della sicurezza.

La sua visione sui rapporti con gli Stati confinanti cambiò nel corso degli anni. Nonostante le azioni per fermare lo sviluppo nucleare iraniano si oppose fermamente alla possibilità di colpire militarmente la Repubblica Islamica e durante le ultime elezioni affermò la necessità di un accordo con i palestinesi anche a costo di dolorosi sacrifici criticando Benjamin Netanyahu per la sua intransigenza e per il deterioramento dei rapporti con gli Stati Uniti. Questo perché per l’ex capo del Mossad la sicurezza dello Stato d’Israele doveva necessariamente contare su tre pilastri: un esercito forte e preparato, una solida alleanza con gli Stati Uniti e accordi di pace stabili con i paesi vicini sul modello di quelli con Egitto e Giordania.

“Meir era determinato nell’assicurare al popolo ebraico protezione e sicurezza e ci è riuscito dedicando la sua vita a rafforzare lo Stato d’Israele. Durante gli otto anni in cui ha guidato il Mossad ha condotto i suoi uomini in coraggiose e decisive operazioni al di fuori dei nostri confini. Un grande condottiero ci ha lasciato” è stato il commento di Netanyahu che ha ricordato come Dagan tenesse nel suo ufficio una foto del padre inginocchiato davanti a due soldati nazisti per non dimenticare mai le umiliazioni subite dal popolo ebraico. Anche il Presidente Rivlin, in visita ufficiale a Mosca, ha inviato le sue condoglianze alla famiglia: “Un guerriero coraggioso; per me la figura di Dagan ha sempre rappresentato la rinascita del nostro popolo dopo la Shoah”.

Le parole pronunciate dall’ex capo del Mossad qualche mese fa in un’intervista al Jerusalem Post ci permettono di capire quanto Dagan fosse in simbiosi con la società israeliana: “Durante la guerra del Kippur ho temuto per la sopravvivenza dello Stato d’Israele. Siamo sopravvissuti e ce l’abbiamo fatta anche in quell’occasione. Questo mi ha reso sicuro che Israele è in grado di affrontare qualsiasi minaccia”.

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