Scienziati israeliani aiutano a costruire la mappa 3D del cervello

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Diletta Funaro
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Scienza

Scienziati israeliani aiutano a costruire la mappa 3D del cervello

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cervello

Un team internazionale di scienziati ha creato una rappresentazione digitale del cervello di un topo, in un progetto salutato come un importante passo in avanti nella ricerca scientifica sul cervello. Il modello 3D permetterà ai ricercatori di esaminare i fenomeni cerebrali in un ambiente interamente digitale, dove in passato tali esperimenti erano possibili solo mediante l’utilizzo di tessuti biologici.

Questo progetto è il risultato di molti anni di ricerca e lo sviluppo di 82 algoritmi, con l’obiettivo di creare una sorta di super computer per descrivere le piccole reazioni chimiche nel cervello. I dati raccolti aiuteranno i ricercatori a comprendere meglio la struttura del cervello e a sviluppare nuovi trattamenti per curare le malattie.

La ricerca effettuata dal Blue Brain Project, seguita dal Prof. Idan Segev, della Hebrew University di Gerusalemme, è stata recentemente pubblicata all’interno della prestigiosa rivista scientifica Cell.

Come parte dello studio, i ricercatori hanno creato una rappresentazione digitale di circa un terzo di millimetro cubo di tessuto cerebrale contenente circa 30,000 neuroni collegati tra loro da più di 40 milioni di sinapsi (strutture che permettono al neurone di passare un segnale elettrico o chimico ad un altro neurone).

Anche se questa mappa è fenomenale per molti, per alcuni critici è impossibile rivelare di più sul funzionamento del cervello rispetto a quello che già si è scoperto. Ma il fatto che gli scienziati siano riusciti a simulare digitalmente il tessuto cerebrale è di per sé un’impresa.

Segev considera lo studio come una prosecuzione del lavoro pionieristico iniziato circa 100 anni fa dal neuroscienziato spagnolo Santiago Ramón y Cajal, il quale iniziò a disegnare a mano ogni tipo di neurone presente nel cervello. Disegnò anche le frecce per descrivere come pensava che l’informazione scorresse tra un neurone e l’altro. Oggi, afferma Segev, stiamo facendo quello che Cajal avrebbe fatto con gli strumenti d’oggi. Inoltre, la digitalizzazione del tessuto permette ai dati di essere conservati e riutilizzati per le generazioni future.

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