Paragoni improponibili: la mistificazione e le omissioni di Repubblica

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Niram Ferretti
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Israele, Medio Oriente, pregiudizio antisraeliano

Paragoni improponibili: la mistificazione e le omissioni di Repubblica

Come scrivere la storia inserendo la mistificazione e la distorsione nel tessuto degli eventi, creando paralleli improponibili. E’ ciò che fa il giornalista di Repubblica, Gianluca Di Feo rievocando in un articolo del 19 Ottobre scorso dal titolo “I curdi e la lezione di Sabra e Chatila”, il massacro omonimo per mano dei falangisti libanesi occorso durante la prima guerra del Libano del 1982, e accostandolo in modo totalmente improprio e tendenzioso all’offensiva turca nei confronti dei curdi avvenuta in questi giorni in Siria.

Il copione è identico, in maniera agghiacciante. Una nazione potente che invade all’improvviso un altro Paese piegato dalla guerra civile, ma solo per colpire una comunità precisa. Aerei che bombardano le città e carri armati che avanzano inarrestabili. Poi la tregua. I combattenti sconfitti consegnano le armi pesanti e vanno via. Con la garanzia americana che la popolazione sarà protetta.

L’avevano chiamata operazione “Pace in Galilea”, così come quella di oggi è stata battezzata “Fonte di pace”. Il 6 giugno 1982, mentre si giocavano i Mondiali di Spagna, l’esercito israeliano irrompe in Libano. Obiettivo dichiarato: creare una fascia di sicurezza sul confine, per impedire gli attacchi terroristici. Lo stesso che oggi viene ripetuto da Ankara: “Cacciare i terroristi lontano dalla frontiera”. Allora erano palestinesi, ora curdi.

Ed ecco, già qui, il primo raffronto fraudolento tra i curdi operativi in Siria e membri del YPG (Unione di Protezione del Popolo), il braccio siriano dell’PKK (il Partito dei Lavoratori del Kurdistan) e i “miliziani” dell’OLP guidati da Arafat.

Di Feo si guarda bene dallo specificare la differenza sostanziale tra operativi palestinesi dell’OLP e membri del YPG, e di cosa stessero facendo i primi nel paese in cui si trovavano, il Libano, perché, se lo facesse, dovrebbe raccontare la parabola di Arafat e dei suoi seguaci prima dell’operazione Pace in Galilea.

Dovrebbe ricordare una lunga storia di terrore e sedizione, di come quando l’OLP, “i palestinesi” si trovavano in Siria nel 1966, vennero cacciati per sovversione e terrorismo. Dovrebbe ricordare quando, cacciati dalla Siria e trasferitosi in Giordania tra il 1968 e il 1970 la usarono come principale piattaforma terroristica per attaccare Israele e di come, anche qui, nel 1970, si sentirono abbastanza forti per cercare di rovesciare il regime hashemita. La guerra civile che ne seguì li costrinse a fuggire. E qui giungiamo al Libano, dove, riprodussero lo stesso schema.

Nel 1975 si sentirono abbastanza forti per cercare di rovesciare il governo centrale di Beirut. A questo punto, Beirut per contrastare i “palestinesi”, ovvero i terroristi dell’OLP (definiti tali già dai siriani e dai giordani), dovettero ricorrere in aiuto alla Siria che occupò militarmente il Libano per fronteggiare l’emergenza.

Di Feo dovrebbe ricordare anche come l’OLP avesse creato in Libano uno Stato nello stato e fosse uno degli attori principali della guerra civile all’interno del paese e dovrebbe, di seguito, visto che si parla di massacri, rendere giusta memoria alle azioni gloriose dei “palestinesi”, come quelle avvenute a Damour il 20 gennaio del 1976 quando l’OLP macellò 584 civili e poi si diede al saccheggio del cimitero cristiano, esumando le bare e sparpagliando i cadaveri e gli scheletri in giro, per poi collocare un ritratto di Arafat armato sull’altare della chiesa.

Dovrebbe ricordare quello che accadde il 12 agosto del 1976 a Tel al-Zaatar quando la città venne sottoposta a un’orgia di stupri, mutilazioni e omicidi e dove vennero massacrati tra i 2000 e i 3000 civili. Di questo orrore abbiamo la diretta testimonianza di John Bulloch, corrispondente sul posto del The Daily Telegraph e certamente non di un amico di Israele, un altro celebre corrispondente inglese, Robert Frisk.

Dovrebbe ricordare di come Arafat, durante l’assedio alla parte occidentale di Beirut nel 1982, dove aveva creato una infrastruttura terroristica per attaccare la popolazione israeliana tramite il lancio di missili, avesse applicato la tecnica che anni dopo Hamas avrebbe fatto propria, collocando le postazioni militari vicino a ospedali, moschee, centri abitati.

Dovrebbe infine ricordare di come Israele venne costretto a invadere il Libano perché l’organizzazione terroristica di Arafat costituiva una minaccia concreta per la sicurezza dello Stato ebraico. Ma tutto ciò è, ovviamente, omesso. Ciò che il giornalista ricorda di Arafat e dei “palestinesi” è questa commovente fotografia:

I guerriglieri dell’Olp lasceranno il Libano, sotto la protezione di una forza internazionale a guida americana. Partono in più di 14 mila. I filmati ingialliti mostrano Yasser Arafat che si imbarca, alzando un ramoscello di ulivo come fosse un segno di vittoria.

Il ramoscello di ulivo alzato da un signore della guerra conclamato, e i guerriglieri dell’OLP, responsabili di stupri, mutilazioni, massacri, che se ne vanno come se fossero degli inermi, degli innocenti, costretti ad abbandonare il paese da una forza proterva e soverchiante.

I curdi, in Siria, non hanno neanche lontanamente fatto ciò che fecero i palestinesi in Libano dal 1975 al 1982, destabilizzato il paese per sette lunghi anni, massacrando una parte della sua popolazione, cercato di rovesciare il suo legittimo governo, e creando una struttura militare atta a colpire Israele a soli pochi chilometri di distanza.

I curdi si sono alleati con gli americani per sconfiggere l’ISIS, e la Turchia non è intervenuta in Siria come Israele intervenne in Libano, per rimettere ordine nel paese ed eliminarvi chi, dal 1964 aveva fatto della eliminazione dell’”entità sionista” la propria ragione d’essere. La Turchia è intervenuta pretestuosamente (i curdi in Siria non rappresentano alcuna minaccia immediata o diretta alla sicurezza turca) per impedire il consolidamento di una realtà curda in una regione non limitrofa, così come ha già fatto al proprio interno e in Iraq.

Ma Di Feo non è soddisfatto dal parallelo, deve, evocare Sabra e Chatila. I falangisti libanesi che massacrarono i rifugiati palestinesi nel campo mentre gli israeliani non impedirono il massacro, starebbero ai turchi a cui gli americani hanno dato il via libera per l’invasione nel nordest della Siria.

Paragone farraginoso e oscenamente sbilanciato. Gli israeliani non diedero nessun via libera ai falangisti libanesi di massacrare i palestinesi nel campo di Sabra e Chatila.

Fu una grave negligenza e una sottovalutazione del comando militare israeliano, così come stabilito dalla Commissione Khan, non considerare la sete di vendetta dei falangisti libanesi. L’Amministrazione Trump ha dato il via libera all’operazione militare turca, lasciando intenzionalmente i curdi esposti all’offensiva delle truppe. Differenza sostanziale.

La realtà dei fatti, la sua ragione d’essere, la profonda diversità dei contesti, delle situazioni, degli attori in scena, viene rimossa al fine di potere creare un parallelo improponibile, di trovare il modo di fare dei terroristi dell’OLP gli omologhi dei combattenti curdi al fianco degli Stati Uniti e delle vittime innocenti della furia falangista gli omologhi delle eventuali vittime della violenza turca, (“In Siria domani potrebbe succedere la stessa cosa, scrive il giornalista). Eventuali, sì, perché non c’è stato fortunatamente alcun massacro dei curdi da parte turca.

Su una pura eventualità si tira in ballo retrospettivamente Israele, convocandolo sul banco degli imputati in correo con gli Stati Uniti, per un massacro di cui non è stato direttamente responsabile, in rapporto a un massacro non avvenuto. Analogamente, si associano i terroristi dell’OLP che sventrarono un paese e furono cacciati precedentemente da altri due, ai combattenti turchi che hanno valorosamente combattuto contro l’ISIS.

E’ questo il risultato della mistificazione, degli accostamenti improponibili, che travisando la realtà dei fatti li piegano del tutto alla strumentalizzazione più grossolana.

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