Questo non è un attentato islamista

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Emanuel Segre Amar
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Questo non è un attentato islamista

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Il balbettio dello Stato francese di fronte all’attacco di Thalys commesso da un marocchino di 26 anni carico di armi ci fornisce l’occasione per ricordare che la giustizia francese si “fa onore”, da quasi 15 anni, nascondendo o minimizzando gli attentati islamisti che avvengono su suolo francese. Da allora tutti i terroristi sono qualificati come “forsennati” o “lupi solitari, auto radicalizzati”, anche quando sono pregiudicati e sotto sorveglianza dei servizi informativi da anni.

Questa farsa è iniziata subito dopo gli attentati dell’11 settembre negli Stati Uniti. Dieci giorni dopo, il 21 settembre 2001, nella fabbrica AZF di Tolosa era avvenuta una esplosione gigantesca che aveva ucciso 30 persone, ferendone migliaia e devastando degli interi quartieri della Città rosa. 45 minuti dopo l’esplosione il Procuratore annunciava che vi erano “99 probabilità su 100” che si trattasse di un incidente.
Che cosa importava aver scoperto un cadavere con quattro strati di indumenti intimi, cadavere di un lavoratore a tempo determinato legato ad ambienti islamisti che, solo poche ore prima dell’esplosione, aveva aggredito un autista che esponeva una bandiera americana sul suo camion in memoria degli attentati dell’11 settembre, proclamando: “voi salterete tutti in aria”…
Dopo indagini andate avanti per anni, l’atto d’accusa ed il processo non prenderanno in considerazione altro che la pista di un incidente industriale (mai dimostrato), senza arrivare ad accusare personalmente alcun individuo, tranne proprio quelli che avevano sospettato che si trattasse di un attentato -e cioè numerosi giornalisti, il 65% degli abitanti di Tolosa e lo stesso giudice anti-terrorista Bruguière”…

Il ministro degli Esteri Hubert Védrine svelerà i propri pensieri più profondi dieci anni dopo: “È stato un tragico errore proclamare, come ha fatto George W. Bush, che la “guerra contro il terrorismo”, (formula, questa, bizzarra, dal momento che il terrorismo non è un’entità, ma piuttosto una tecnica) era il primo problema del mondo, articolando quindi tutto in modo binario attorno a questo unico concetto (Le Monde, 9/9/2011).

Per quanto riguarda il presidente Chirac, costretto ad una coabitazione col partito socialista dal 1997 al 2002, egli, alla vigilia delle elezioni presidenziali, con una popolazione francese che comprendeva tra i 6 e gli 8 milioni di votanti di fede musulmana, non avrebbe certo potuto permettersi di apparire come “islamofobo”. D’altronde, fin dal 18 settembre 2001 Jacques Chirac si era recato a Washington per “far sentire i propri timori per una risposta troppo brutale da parte degli Stati Uniti. Il vocabolario guerriero, addirittura manicheo, utilizzato da una settimana dal presidente Bush, che invitava ad una “crociata” contro gli “operatori del male”, inquietava Parigi. La Francia era, in particolare, preoccupata per i rischi di fare un tutt’uno del terrorismo islamista con l’insieme del mondo musulmano, e per i rischi di una deflagrazione proprio nel Medio Oriente. Parlando alla CNN, Jacques Chirac si era quindi rifiutato di parlare di “choc di civiltà” tra l’Occidente e l’Islam”. (Nuovelobs, 18/9/2001)

Questa presa di distanza dalla politica americana si accentuerà dopo l’invasione dell’Iraq nel 2003. È desolante che queste divergenze di politica internazionale -non del tutto prive di fondamento- si paghino con la negazione della realtà, dell’esistenza del terrorismo islamista e delle sue cause, negazione per la quale le gravi conseguenze ricadono poi sul grande pubblico.

Traduzione di Emanuele Segre Amar.
Fonte originale: Times of Israel

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