Obama nemico di Israele

Il cambio di rotta della politica estera statunitense

Giuseppe Giannotti
Giuseppe GiannottiGiornalista & Esperto di Medio Oriente
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Medio Oriente

Obama nemico di Israele

Il cambio di rotta della politica estera statunitense

Medio Oriente
Giuseppe Giannotti
Giuseppe GiannottiGiornalista & Esperto di Medio Oriente

obama

Obama nemico di Israele. Ormai è un fatto accertato. Il presidente degli Stati Uniti, il peggiore di sempre dal punto di vista israeliano, ormai non tenta neppure più di nascondere la sua aperta ostilità verso lo Stato ebraico. E se i primi messaggi di chiusura erano in qualche modo ovattati, ora , senza più alcuna forma di prudenza, Barack Hussein Obama (questo il suo nome completo), padre musulmano, ha messo Israele decisamente nel mirino. L’ultima accusa, come ho già avuto modo di riferire, è paradossale. Sulla questione israelo-palestinese il presidente americano, nell’annunciare che sotto la sua amministrazione non si arriverà alla soluzione di due Stati, ha dato la colpa a Israele, a causa del suo benessere. “La società israeliana – ha detto – ha un così alto successo economico che, partendo da una posizione di forza, è meno disposta a fare concessioni ai palestinesi. E dall’altra parte i palestinesi a causa della loro debolezza, non hanno coesione politica e organizzazione per entrare in un negoziato che li porti ad avere quello di cui hanno bisogno. Così entrambe le parti restano in angoli separati”. “Quello che non è avvenuto in sessant’anni – ha concluso Obama – non potrà accadere nei prossimi nove mesi”.
Analisi curiosa che non tiene conto, ad esempio, della lotta interna tra Hamas e Autorità Nazionale palestinese, o dell’incitamento al terrorismo da parte della stessa Anp, che non solo non ha mai condannato gli attacchi con i coltelli portati dalla sua gente negli ultimi mesi, ma ha espresso solidarietà per gli attentatori uccisi, definiti, come consuetudine, dei martiri.

Palmyra

Palmyra

Ma questa è solo l’ultima uscita di un presidente che, avviandosi mestamente a concludere il suo secondo mandato, si rende conto di aver fallito totalmente la sua politica internazionale. Obama è stato ridicolizzato da Putin nella lotta all’Isis: in poche settimane gli aerei russi hanno fatto quello che gli Stati Uniti non sono riusciti o non hanno voluto fare in due anni. E la recente riconquista di Palmira da parte delle forze di Assad, sostenute dall’aviazione russa, e salutata con soddisfazione in tutto il mondo, con funzionari dell’Unesco che pensano già a come restaurare il sito archeologico, ha trovato invece il mutismo del britannico Cameron e la reazione stizzita degli Stati Uniti. “Non intendiamo dare il benvenuto ad attacchi dell’esercito siriano per riconquistare Palmira – ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Mark Toner – Sostituire la barbarie dell’Isis con la tirannia del regime di Assad non è una buona soluzione”. Ma Obama si è dimostrato incerto e balbettante non solo sulla posizione da tenere nei confronti della crisi siriana, ma anche sull’Egitto, sull’Iraq e sulla Libia, mettendo tutte le sue energie contro Israele.

Islamic Society of North AmericaDel resto, che Obama non avrebbe seguito le orme dei sui predecessori nei forti legami con Israele, lo si doveva capire da subito. Nel gennaio 2009 Obama scelse Ingrid Mattson, presidente dell’Islamic Society of North America, gruppo affiliato ai Fratelli Musulmani, per recitare una preghiera alla cerimonia del suo insediamento alla Casa Bianca. Due giorni dopo, Obama la sua prima telefonata a un leader straniero la riservò al presidente dell’Anp, Abu Mazen. E rilasciò la prima intervista televisiva da presidente degli Stati Uniti all’emittente Al Arabiya. Prima uscita all’estero in un Paese arabo, al Cairo, per indirizzare il suo messaggio al mondo musulmano. In quell’occasione disse dei palestinesi: “Sopportano l’umiliazione giornaliera che deriva dall’occupazione. Una situazione intollerabile. L’America non volterà le spalle alle legittime aspirazioni dei palestinesi di avere un loro proprio Stato”. E naturalmente condannò fermamente la politica israeliana degli insediamenti in Cisgiordania.
Emblematica, nel 2010 la differenza tra i messaggi inviati agli ebrei per la festa di Rosh haShanà (il Capodanno ebraico) e ai musulmani per il Ramadan. Nel messaggio per il Ramadan, molto caloroso, il presidente citò ripetutamente i musulmani e l’Islam, sottolineando ”lo straordinario contributo dato dai musulmani americani al Paese”, ed elogiando “il ruolo dell’Islam nell’avanzamento della giustizia, nel progresso nella tolleranza e nella dignità di tutti gli esseri umani”. Nel messaggio per Rosh haShanà, Obama rilasciò una breve e generica nota, auspicando la creazione di uno Stato palestinese, senza menzionare mai quanto hanno dato gli ebrei per lo sviluppo degli Stati Uniti. Superfluo ogni commento.

Altri segnali dell’ostilità di Obama verso Israele: nel settembre 2011, in un discorso di commemorazione dieci anni dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre, citò le vittime del terrorismo che siano “a New York o Nairobi, Bali o Belfast, Mumbai o Manila, o Lahore o Londra” senza fare alcuna menzione a Tel Aviv, Gerusalemme o Sderot, colpite a ripetizione dagli attacchi terroristici dei palestinesi.
Nel 2014, secondo voci mai smentite, il presidente Obama minacciò l’abbattimento di caccia israeliani se avessero tentato di bombardare infrastrutture nucleari iraniane. E in contrapposizione agli Stati Uniti, secondo un’autorevole fonte europea, l’Arabia Saudita si sarebbe detta disposta a concedere il suo spazio aereo agli aerei israeliani in caso di attacco all’Iran.

obama-iran-L’accordo sul nucleare raggiunto nel luglio scorso tra Teheran e i 5+1, ovvero i membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu con potere di veto (Regno Unito, Francia, Stati Uniti, Russia e Cina, più la Germania) ha ulteriormente peggiorato i rapporti Usa-Israele. A gennaio sono state revocate le sanzioni contro l’Iran tra le proteste, inascoltate, di Israele, che chiedeva di includere nell’accordo l’obbligo all’Iran di riconoscere lo Stato ebraico. “L’accordo con l’Iran – precisò Obama in persona – non includerà questa richiesta”.
A gennaio 2015, nel commentare gli attacchi terroristici di Parigi, al supermercato kosher, lo stesso giorno dell’attacco a Charlie Hebdo, Obama ha negato che fosse terrorismo islamico o che fosse un atto antisemita, parlando di un attentatore che “ha sparato a caso su un gruppo di persone in un negozio”. Frase che ha indignatole comunità ebraiche e creato imbarazzo anche alla Casa Bianca e che ha costretto il suo portavoce a spiegare che “il presidente voleva dire che in quel negozio c’erano anche altre persone non della comunità ebraica”. Spiegazione, naturalmente, assolutamente non convincente.

A peggiorare la situazione tra Stati Uniti e Israele anche i difficili rapporti tra Obama e Netanyahu. La Casa Bianca, ad esempio, non ha fatto le congratulazioni a Netanyahu per la sua rielezione, nel marzo 2015, indirizzando un messaggio generico, quanto ridicolo, agli israeliani: “Ci vogliamo congratulare con il popolo israeliano per il processo democratico per l’elezione nella quale sono stati impegnati tutti i partiti che vi hanno preso parte”. In Israele, se lui non lo sa, si vota democraticamente dal 1948, anno di fondazione dello Stato ebraico. Ben diverso, invece, l’anno prima, il comportamento in occasione della rielezione di Erdogan in Turchia, con una calorosa telefonata di congratulazioni di Obama al leader turco durata 45 minuti.
Infine, a febbraio di quest’anno, sull’esempio di quanto fatto dall’Unione europea, Obama ha emesso una direttiva che impone l’etichettatura dei prodotti provenienti da aziende israeliane presenti in Cisgiordania. Su questo tema c’era già un’ordinanza del 1995, ma che di fatto negli Stati Uniti non era mai stata applicata. E c’è da chiedersi ora che altro possa fare Obama contro Israele di qui a novembre, fine del suo mandato.

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