Minacce all’Italia, vicino l’intervento in Libia?

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Mario Del MonteEditor
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Minacce all’Italia, vicino l’intervento in Libia?

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Parate militari, pick-up sventolanti le bandiere del Califfato, gli uomini vestiti di nero che sparano in aria per festeggiare l’arrivo in città. Scene già viste in Siria e in Iraq e che ora si stanno ripetendo in Libia, a un passo da casa nostra.

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Parata militare dello Stato Islamico in Libia

Dopo la Cirenaica, le milizie islamiche sono giunte alle porte di Tripoli, capitale dell’ormai ex Stato Nordafricano. Alcuni nostri connazionali che risiedevano in Libia per motivi di lavoro (soprattutto personale dell’ambasciata italiana) sono stati evacuati senza difficoltà grazie alla partecipazione della Marina e dell’Aeronautica militare che hanno fornito due caccia Harrier e un elicottero Predator per assicurare maggiore copertura ai 26 Carabinieri che curavano la sicurezza dell’ambasciata. Evacuazione divenuta necessità quando sabato il Ministro degli Esteri Gentiloni è stato minacciato attraverso il portavoce della provincia di Sirte dello Stato Islamico. Quel “Ministro di una nazione crociata” ha fatto scattare il pericolo attentati e rapimenti nei confronti degli italiani in Libia, colpevolmente rimasti gli ultimi visto che le altre ambasciate sono chiuse da un pezzo.

isis libia

Fotogramma della video minaccia all’Italia

Infine ieri il video “un messaggio firmato con il sangue alla nazione della croce” rilasciato dalla propaganda jihadista. 21 egiziani cristiani-copti vengono fatti macabramente camminare sulle coste del Mediterraneo, i boia alle loro spalle brandiscono i coltelli, un uomo in tuta mimetica prende la parola e in inglese si rivolge all’Italia: “ci avete visti in Siria, ora siamo al Sud di Roma… Così come l’Occidente ha gettato il corpo di Osama Bin Laden in mare, mischieremo il vostro sangue con lo stesso mare…” I 21 cristiani-copti vengono decapitati, l’uomo in tuta mimetica alza di nuovo il coltello e lo punta verso il mare, “lo Stato Islamico conquisterà Roma!”

Proprio come è successo in Siria lo Stato Islamico sfrutta la mancanza di un’autorità centrale, di un governo, di una legittimità popolare. L’obiettivo è sempre lo stesso: da uno Stato fallito ricostruire uno Stato fondato sulla legge Coranica. La differenza con lo scenario siriano sta nelle potenzialità che la Libia può offrire ai jihadisti, dai pozzi di petrolio abbandonati dalle compagnie occidentali per l’autofinanziamento alle armi dell’arsenale di Gheddafi con cui proseguire la guerra santa.

L’Italia con i suoi tempi di reazione inverosimilmente lunghi invoca l’intervento ONU, il Primo Ministro Renzi attende segnali dall’America e dalla Germania. In molti vedono nei barconi dei migranti che ogni giorno arrivano sulle nostre coste la possibilità per i jihadisti di infiltrarsi e compiere attentati terroristici. L’Egitto del Generale al-Sisi opta per la reazione immediata e bombarda le postazioni degli affiliati del Califfato. La Libia è in fiamme e molto probabilmente saremo anche noi italiani a dover fare i pompieri e spegnere l’incendio. Torneremo in Libia dopo l’esperienza coloniale di nuovo con i fucili in mano, stavolta però senza le megalomanie del fascismo e con l’obiettivo di estirpare il male del jihadismo globale per sentirci più sicuri.

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