La storia di Luy

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Yoram DebachEditor
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Israele

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Ho 36 anni, sono gay e mi sento me stesso qui in Norvegia perché è un paese democratico e libero. Sono single, la mia famiglia siamo io e i miei due gatti. Ho una moto, un passaporto norvegese da tre mesi, una sorella e forse ancora un padre che mi ha fatto questa bella cicatrice sul viso il giorno che ha saputo che mi piacciono gli uomini.

Mi piace il mio lavoro, faccio l’imbianchino, abbellisco le case della gente.
Mi sento al sicuro qui in Norvegia. Arrivai a Oslo quattro anni fa grazie all’aiuto di un’organizzazione israeliana di Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender dopo aver vissuto illegalmente per dieci anni a Tel Aviv.
Da bambino sono stato vittima di abusi e come ho accennato prima, mio padre stava per ammazzarmi quando dal mio telefonino scoprì le immagini del mio ragazzo nella nostra intimità.

All’inizio è stato difficile sopportare la neve e il freddo di Oslo ma oggi non mi danno più fastidio. Non mi manca il Medio Oriente, non mi manca il mio paese. Forse mi manca l’olio d’oliva e l’arak – liquore al sapore di anice – ma qui il pesce si mangia a volontà, anche se io lo preferisco cucinato all’israeliana.
Ho cambiato cognome, Nofl è un cognome diffuso in Norvegia. È come Cohen o Levy in Israele. Pur rinunciando alla mia vecchia nazionalità, l’Ambasciata israeliana di Oslo mi ha detto che posso tornare a Tel Aviv come turista dalla fine del 2015 ma non mi va di andarci. È sempre un casino in Israele, quegli accoltellamenti per strada sono disgustosi e mi fanno tanta paura.

Mi chiamo Luy Nofl, sono nato a Nablus in Cisgiordania e sono palestinese.

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