I senatori repubblicani inviano una lettera a Teheran, il discorso di Bibi sembra aver fatto breccia nel Congresso

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Mario Del MonteEditor
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I senatori repubblicani inviano una lettera a Teheran, il discorso di Bibi sembra aver fatto breccia nel Congresso

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Un gruppo di senatori del partito repubblicano degli Stati Uniti hanno inviato una lettera alla leadership iraniana in cui avvertono che qualsiasi accordo con il Presidente Obama potrà essere rivisto alla fine del suo mandato. La lettera è frutto dell’iniziativa del senatore Tom Cotton ed è stata firmata da quarantasette esponenti di punta del partito repubblicano tra cui Ted Cruz e Marco Rubio, probabili prossimi candidati alle elezioni presidenziali.

Si tratta dell’ennesimo sforzo da parte del Congresso di riprendere il controllo sui negoziati con l’Iran per il nucleare in modo tale da evitare che la Repubblica Islamica rimanga, alla conclusione del patto, in possesso di numerose infrastrutture che gli permetterebbero di sviluppare in pochi anni la capacità di produrre un’arma nucleare, una posizione simile a quella espressa la scorsa settimana dal Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante la sua visita negli Stati Uniti.

Nella missiva i senatori tengono a precisare che qualsiasi accordo non approvato dal Congresso è una mera manifestazione di volontà dell’esecutivo e che questo perderebbe validità in seguito alla vittoria del partito repubblicano alle prossime elezioni presidenziali. Inoltre i senatori sono stati eletti da poco e rimarranno in carica ben oltre la scadenza del mandato presidenziale prevista per Gennaio 2017.

Nel frattempo continuano i negoziati tra le potenze mondiali e l’Iran: il termine ultimo per raggiungere un accordo politico è il 31 Marzo, nel caso in cui questo si materializzasse ci saranno tre ulteriori mesi di trattative per mettere a punto gli aspetti tecnici e le garanzie che assicurino che il programma nucleare iraniano rimanga “pacifico”. Per raggiungere questo scopo, e per smentire le critiche di Netanyahu e del partito repubblicano, l’amministrazione americana ha fatto sapere che ci saranno “misure intrusive di monitoraggio” per verificare che l’Iran non si doti di armamenti pericolosi per la pace in Medio Oriente. Secondo la Casa Bianca queste misure dovrebbero durare molto di più dei dieci anni a cui faceva riferimento Netanyahu e assicurerebbero un certo controllo su tutto ciò che accade in Iran permettendo agli Stati Uniti di intervenire attivamente se le cose non dovessero andare come previsto.

Altra novità che rischia di incidere sull’accordo per il nucleare è la salute del Leader Supremo iraniano, l’ayatollah Khamenei. L’uomo che dal 1989 guida lo Stato sciita sarebbe stato ricoverato durante il fine settimana in condizioni critiche ma le agenzie di stampa iraniane bollano le voci come “bugie propagandate da Israele” con lo scopo di creare un clima di incertezza nel paese. I servizi di intelligence occidentali invece sembrano essere del parere contrario, un funzionario francese avrebbe confidato al giornale Le Figaro che il cancro alla prostata di Khamenei ha raggiunto lo stadio terminale con un’aspettativa di vita che non va oltre i due anni. Naturalmente da Teheran fanno sapere che è tutto falso ma non è difficile immaginare che stiano nascondendo le condizioni di salute dell’Ayatollah per far apparire il paese stabile e la sua leadership saldamente al potere. Nel caso in cui dovessero anche solo trapelare notizie di una possibile successione l’andamento dei negoziati subirebbe un grave colpo, la potenze mondiali potrebbero chiedersi se sia giusto trattare con qualcuno che a breve non sarà più alla guida del paese e potrebbero volere garanzie sulla qualità del successore.

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