David Petraeus, intervistato da un giornale israeliano, esprime preoccupazione per il futuro del Medio Oriente

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Mario Del MonteEditor
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Medio Oriente

David Petraeus, intervistato da un giornale israeliano, esprime preoccupazione per il futuro del Medio Oriente

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In un’intervista al quotidiano israeliano Yediot Aharonot, l’ex direttore della CIA David Petraeus si dice molto preoccupato della situazione attuale in Medio Oriente, non solo per la presenza dello Stato Islamico ma anche per il modo in cui vengono sottovalutati i problemi legati al terrorismo, al regime siriano di Assad e all’accordo per il nucleare iraniano. Come Benjamin Netanyahu, Petraeus non si fida delle promesse fatte da Teheran ma non è convinto che il Presidente americano Obama riuscirà a far firmare gli iraniani prima della scadenza della deadline di questo mese.

Prima della carica di direttore della più importante agenzia di intelligence mondiale, Petraeus ha ricoperto numerosi ruoli di comando nelle operazioni militari americane in Medio Oriente, comprese quelle in Afghanistan e Iraq che gli hanno fornito una notevole conoscenza degli equilibri e delle ideologie portanti della regione. Esperienze che lo fanno parlare con una certa sicurezza del nucleare iraniano come di qualcosa di estremamente pericoloso: secondo Petraeus i report condotti negli ultimi dieci anni dalla AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) non lasciano dubbi sulla volontà dell’Iran di dotarsi di un arsenale atomico e l’amministrazione Obama non si sta comportando razionalmente nel concedergli così tanta libertà. Un accordo migliore dovrebbe prevedere delle forti limitazioni alla quantità di uranio disponibili nelle mani degli iraniani o almeno lo smantellamento di molte strutture costruite illegalmente dagli anni ’80 ad oggi. Inoltre l’attuale regime di ispezioni condotte attraverso il Protocollo Addizionale del Trattato di Non Proliferazione Nucleare secondo l’ex direttore della CIA non sarebbe abbastanza efficiente e necessiterebbe una robusta revisione.

Per Petraeus il problema più grande per la sicurezza di tutti gli Stati occidentali è quello dei cosiddetti “lupi solitari”, una nuova forma di terrorismo che dimostra come la guerra condotta dalle ultime tre amministrazioni USA sia ben lontana dall’essere finita. La forza di questa nuova strategia del terrore risiede nella possibilità per qualsiasi individuo di “autoradicalizzarsi” attraverso il web e di compiere attacchi relativamente piccoli ma che sono in grado di paralizzare la popolazione per la facilità con cui possono essere portati a termine. Secondo Petraeus la cosa più importante è rendersi conto che non si sta combattendo solo una rete di organizzazioni terroristiche – composte da uomini e che perciò si possono smantellare- ma anche un’ideologia violenta che va screditata agli occhi degli altri musulmani per assicurarsi un successo duraturo.

Naturalmente il problema dei lupi solitari si lega fortemente alla situazione in Siria e all’affermarsi dello Stato Islamico. Petraeus è convinto che questo nasca a causa delle violenze commesse da Bashar al-Assad in Siria durante la guerra civile che dura ormai da 4 anni e non dall’intervento militare americano in Iraq: l’efferatezza dell’esercito siriano avrebbe “abituato” la popolazione locale alla violenza favorendo la radicalizzazione dello scontro e la diffusione del messaggio jihadista dello Stato Islamico. Inoltre il Presidente Assad sarebbe colpevole di aver intenzionalmente colpito solo i gruppi di ribelli più moderati per forzare la popolazione a scegliere fra lui e le frange più estreme.

Infine Petraus si scaglia contro tutti quelli che hanno guardato con favore alle Primavere Arabe. Frutto di anni di profonda frustrazione per la corruzione dei governi, si sono rivelate favorevoli solo in determinati contesti e il più delle volte estremamente fragili. Questo perché il popolo che ha guidato le rivolte alla fine del processo di cambiamento non ha ottenuto nessun beneficio e i governi, indeboliti nella loro autorità, sono stati in alcuni casi sopraffatti da milizie islamiche radicali finanziate da altri Stati esteri come l’Iran.

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