Truffa mediatica: lo sciopero della fame dei detenuti palestinesi

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Niram Ferretti
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Medio Oriente

Truffa mediatica: lo sciopero della fame dei detenuti palestinesi

Lo sciopero della fame dei prigionieri palestinesi organizzato dal pluriergastolano Marwan Barghuti è stata ed è un’occasione ghiotta per la propaganda antiisraeliana dalle rotative perennemente in funzione. Improvvisamente, dopo 15 anni di silenzio sui diritti dei carcerati palestinesi in Israele, Barghuti ha deciso di occuparsene.

Non si è trattato da parte sua di una sollecitazione umanitaria, di una apertura luminosa del cuore ma molto più prosaicamente di una occasione da sfruttare per fare sentire la propria voce dopo che Abu Mazen, il suo acerrimo nemico politico, lo ha relegato in un angolo di Fatah.
Il backstage dello sciopero della fame e della mobilitazione nei confronti dei detenuti palestinesi che vi hanno aderito, simbolicamente rappresentata da bevute di acqua salinata da parte di parlamentari grondanti solidarietà (come è avvenuto alla Camera dei Deputati, dove tre esponenti del gruppo Mdp-Campo Progressista, provenienti da Sinistra e Libertà, si sono fatti riprendere mentre bevevano), è dunque tutto politico e interno alla lotta di potere in corso da anni dentro Fatah.

Al di là di questo aspetto fondamentale per capire di cosa si tratta esattamente, è utile fornire alcuni dati sulla condizione davvero “vessatoria” in cui versano i detenuti palestinesi. Sulla situazione dei loro confratelli nelle carceri palestinesi di Gaza e Gerico è opportuno non parlare non essendo appunto considerati “resistenti”, ma delinquenti come altri e ai quali, dunque, non è da attribuire alcuna importanza. Che vengano torturati, malmenati, e privati di diritti umani fondamentali non suscita la compassione di nessuno. Sicuramente non quella della stampa progressista internazionale.

I dati sui detenuti nelle carceri israeliane ce li fornisce invece la Croce Rossa sulla base delle 400 ispezioni annuali che intraprende. Nei propri rapporti essa ha evidenziato come lo status generale della maggioranza dei detenuti arabi in Israele sia del tutto compatibile con quello che è richiesto dai regolamenti standard. Niente di lontanamente paragonabile alle leggende nere costruite sugli abusi e le torture che essi subirebbero da parte delle autorità israeliane e che tanto eccitano la mente di coloro i quali non si sono certo mai preoccupati di investigare le realtà del carcere di Gaza o di quello di Gerico, per non parlare delle carceri turche o di quelle siriane. Un caso emblematico è quello del carcere minorile di Megiddo dove la Croce Rossa è presente su base regolare e in cui non sono mai stati segnalati abusi. Ma i minorenni palestinesi abusati dalla polizia israeliana sono da tempo un topos del romanzo criminale che da decenni viene scritto su Israele. Irrinunciabili. Non se ne trova traccia oltre che nel report della Croce Rossa nemmeno nella serie televisiva americana Lockup World Tour nata per mostrare le condizioni di vita dei detenuti negli Stati Uniti e nel resto del mondo e che nel 2012 dedicò una puntata al sistema detentivo israeliano mostrandone l’alto livello qualitativo.

Questo non significa che non vi siano aspetti da migliorare, ma quando vediamo quali sono le rivendicazioni degli scioperanti della fame palestinesi: il ripristino di una seconda visita mensile da parte dei familiari e delle riunioni tra parenti soppresse per ragioni di sicurezza, insieme al ripristino degli studi accademici assommati alla richiesta di più canali televisivi in cella e cellulari nelle ali di sicurezza, possiamo renderci conto che non si tratta propriamente di rivendicazioni di riforma radicale. Nessuna richiesta di essere picchiati o torturati di meno.

La grande truffa mediatica dello sciopero della fame dei detenuti palestinesi capeggiata dall’”Mandela” pluriomicida Barghouti, consiste appunto in questo, nel presentare i 920 prigionieri che rifiutano ancora il cibo, come vittime dell’”oppressione” sionista e valorosi “resistenti” che lottano contro le “inumane” condizioni delle carceri israeliane. Ed è proprio l’organizzatore della truffa stessa Barghouti ad essere stato filmato più volte dalle telecamere della cella nella quale è rinchiuso mentre mangia di nascosto. Gilad Erdan, Ministro della Sicurezza dopo avere visto il primo filmato aveva deciso inizialmente di non renderlo pubblico per evitare le accuse che si trattasse di un falso, ma dopo che Barghouti è stato filmato una seconda volta ha deciso di farlo lo stesso. Quando c’è una truffa c’è sempre un truffatore, in questo caso smascherato.

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