Perché l’ISIS non attacca Israele?

La solita storia delle bugie create per accusare gli ebrei di tutti i mali del mondo

Alex Zarfati
Alex ZarfatiConsulente media, PR e digital sull'asse Roma-Tel Aviv. Presidente di Progetto Dreyfus.
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Editoriali

Perché l’ISIS non attacca Israele?

La solita storia delle bugie create per accusare gli ebrei di tutti i mali del mondo

Editoriali
Alex Zarfati
Alex ZarfatiConsulente media, PR e digital sull'asse Roma-Tel Aviv. Presidente di Progetto Dreyfus.

isis palestinesi

Tra le varie idiozie che sento questi giorni ce n’è una che merita attenzione. Ieri sera a Virus, Reas Sayed, responsabile legale delle “Comunità islamiche di Milano” fingendosi ingenuo poneva una domanda provocatoria: “PERCHE’ L’ISIS NON ATTACCA ISRAELE?” alludendo maliziosamente al fatto che dietro lo stato islamico possano esserci gli ebrei.

Gli ebrei sono abituati ad essere vittime di menzogne fabbricate ad arte, figlie moderne de “l’accusa del sangue” diffusa a partire dall’XI secolo, secondo la quale gli ebrei usavano sangue umano per motivi rituali. Dal medioevo, ogni volta che nel mondo c’è qualcosa di atroce, dal nazismo, all’11 settembre e addirittura nel caso di terremoti e tsunami, c’è qualche imbecille che afferma che “la causa di tutto è Israele”, versione moderna del leitmotiv medievale “la causa di tutto sono gli ebrei”. In tutto il mondo arabo ed islamico queste tesi sconclusionate vengono riprese – aggiungendo notizie false come la cattura di un militare israeliano in Iraq – e diventano una “fonte” nuovamente ripresa dai media occidentali e dal web. La Rai ad esempio ha diffuso la bufala dell’arresto fantasma e si è resa responsabile di alimentare quella spirale perversa nella quale ormai il dubbio è insinuato: “qualche cosa di vero forse c’è”, “in effetti è strano…”.

PERCHE’ DAESH NON MINACCIA ISRAELE? Non è vero che Isis non abbia mai minacciato Israele. Addirittura ha diffuso un video in lingua ebraica: «Abbatteremo i confini per attaccarvi» diceva un jihadista in divisa militare, cariche esplosive ai fianchi e kalashnikov in mano mentre si rivolgeva alla telecamera. L’uomo con il volto coperto da un passamontagna, loda gli ultimi attentati palestinesi, incitando a continuare: «Presto gli attacchi saranno molti di più e porteranno i musulmani a dominare l’intera Israele» [fonte: La Stampa, Maurizio Molinari].

PERCHE’ A L’ISIS NON INTERESSA ATTACCARE ISRAELE? Zawahiri sostiene che la Palestina è dimora dell’Islam, e che pertanto, liberarla è un dovere per ogni musulmano, come dichiarato nel discorso “verità sul conflitto tra l’Islam e l’infedeltà” del 2007. Ma nonostante questo, la Palestina resta in fondo alla lista delle priorità per la maggior parte jihadisti. I seguaci del jihadismo salafita ritengono che “gli sciiti sono più pericolosi di ebrei”. In sostanza che la liberazione della Palestina è irrilevante, senza prima l’istituzione del califfato nei paesi che circondano la Palestina. Dalla sede nella provincia Raqqa della Siria, spiegano queste fasi necessarie: “La priorità è liberare Baghdad, per poi dirigersi verso Damasco e liberare tutto il Levante, prima di liberare la Palestina.” Questo è il principio che seguono: “Combattere apostati vicini è più importante che combattere gli infedeli lontani.” [fonte: Radwan Mortada su Siria360]. In verità la domanda corretta dovrebbe essere: “perché l’Isis non nomina la causa palestinese?”. Insomma non si capisce perché se Daesh se ne frega dei fratelli palestinesi questo in qualche modo debba costituire una preoccupazione per gli israeliani.

PERCHE’ ISRAELE NON INTERVIENE CONTRO L’ISIS? Facile, a meno di minacce dirette, la politica d’Israele è sempre stata improntata al farsi gli affari propri (e vista la quantità di minacce a cui è soggetta, non credo che ci sia da dargli torto). Il ministro della difesa israeliano, Moshe Yaalon ha affermato che Gerusalemme non interverrà in Siria fintanto che le sue “linee rosse” non siano attraversate. “Non permetteremo alcuna violazione della nostra sovranità, l’arrivo di armi avanzate e la consegna di armi o agenti chimici”, ha detto. Sul fronte interno Israele è attenta a qualsiasi sviluppo perché teme le infiltrazioni dell’Isis a Gaza e nei territori. A Gerusalemme il 18 novembre le forze di sicurezza israeliane dopo un’indagine congiunta tra la polizia e il servizio generale di sicurezza (Shin Bet) arresta sei cittadini di residenti a Yalyulie e sostenitori dell’Isis che avevano progettato di recarsi in Siria per unirsi alla lotta. L’inchiesta che ha portato agli arresti è iniziata dopo che il 24 ottobre Nadal Hamed Salah, 23 anni, aveva attraversato in parapendio il confine entrando nelle alture del Golan in Siria. [fonte: LaPresse/EFE)].

Insomma: perché mai Israele dovrebbe mettere l’Isis in cima alle sue priorità quando ha la minaccia tangibile del terrorismo interno, quando ha a nord Hezbollah con migliaia di missili puntati contro e l’Iran sempre ad un passo dal nucleare – e con un arsenale ben più preoccupante di Daesh – che che dichiara apertamente di voler cancellare i sionisti dalla faccia della terra? Inoltre c’è sempre la considerazione che tra Al-Nusra, Al-Qaeda, salafiti e decine di altri gruppi che potrebbero sostituire l’Isis tutti avrebbero tutti comunque come obiettivo la distruzione di Israele. L’unica modalità d’intervento sarebbe quella di dare una mano agli stati europei che nella lotta al terrorismo sul loro suolo muovono i primi passi. Chiedendo magari che in cambio venga rimossa quell’infame legge sull’etichettatura dei prodotti israeliani.

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