Medio Oriente: le origini dimenticate del conflitto e la narrazione contemporanea distorta

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Mario Del MonteEditor
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Medio Oriente: le origini dimenticate del conflitto e la narrazione contemporanea distorta

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Nonostante il Medio Oriente sia devastato da numerosi conflitti religiosi e nazionali, la maggior parte delle persone è ancora convinta che l’instaurarsi di uno Stato palestinese farà magicamente apparire la pace nella regione. La conseguenza è che a Israele viene addossata ogni responsabilità per qualsiasi evento infelice accada nell’area. D’altronde è più facile premere sull’unico Stato democratico che sui restanti ventidue paesi arabi in cui ogni dissenso è represso nel sangue e l’odio per l’Occidente è chiaramente percepibile dalle dichiarazioni dei leader politico-religiosi.

A volte è lecito chiedersi se gli Stati Uniti e l’Unione Europea siano davvero consapevoli delle radici storiche del problema e delle conseguenze della creazione di uno Stato palestinese. Uno Stato che nella storia non è mai esistito perché in quei territori si sono alternate nei secoli diverse dominazioni straniere con differenti caratteristiche religiose. Questo fino alla fine della Prima Guerra Mondiale quando Francia e Regno Unito hanno imposto un nuovo ordine arbitrariamente spartendosi le terre e creando i mandati di Palestina, Siria e Iraq. Una delle ragioni per cui il mandato di Palestina non è stato accorpato a quello della Siria è stata la Dichiarazione Balfour attraverso la quale il Regno Unito si è impegnato a stabilire un focolare nazionale ebraico. La Società delle Nazioni, organismo precursore dell’ONU, diede la sua benedizione ai tre mandati con l’ordine però che questi fossero preparati per una futura indipendenza. Quattro anni più tardi, in spregio alle disposizioni della Società delle Nazioni, il Regno Unito fondò la Transgiordania, uno Stato che comprendeva tutte le terre ad est del fiume Giordano e conteneva complessivamente i quattro quinti del territorio totale del Mandato di Palestina. In questo modo gli inglesi hanno separato una notevole quantità di famiglie in diversi Stati e hanno provocato quel sentimento di rivalsa verso l’Occidente di tutti quei musulmani che sognavano il ritorno del Califfato che li avrebbe ricongiunti con i loro fratelli.

In quest’ottica gli inglesi hanno anche provocato il conseguente rifiuto degli arabi alla creazione di uno Stato ebraico. Non volevano uno Stato per loro, come d’altronde avrebbero potuto fare nel 1930 e poi ancora nel 1948, ma l’unità regionale delle popolazioni arabe. Nello statuto dell’OLP è infatti visibile ancora la dicitura “La Palestina, i cui confini esistevano al momento del mandato britannico, è un entità regionale integrale.” I nuovi Stati, sorti dopo la scomparsa dell’Impero Ottomano, hanno cercato invano di raggiungere la stabilità politica ed economica, le tensioni etniche e tribali hanno portato a disordini e impedito la creazione di una storia nazionale che avrebbe cementato l’unione.

Il Medio Oriente è sull’orlo del precipizio: Siria, Iraq, Somalia, Yemen e Libia si stanno disintegrando rapidamente, l’Egitto sta affrontando delle sommosse civili senza precedenti nella sua storia. Quale sarebbe in questo momento il destino di un piccolo e fragile Stato appena fondato? Un paese che inoltre, ad oggi, nutrirebbe un certo risentimento sia verso Israele che verso la Giordania, i suoi vicini più potenti. Hamas e lo Stato Islamico farebbero il possibile per prendere in consegna il paese gettando ancora più benzina sul fuoco mediorientale e costringendo paradossalmente Israele a intervenire anche qui dopo Gaza.

Questo non vuol dire che non ci siano buone soluzioni. E’ necessario però che la leadership palestinese accetti finalmente il diritto di Israele ad esistere come Stato ebraico altrimenti ogni discussione è vana. Mahmoud Abbas invece sembra molto più intenzionato a promuovere quella storia distorta che vede il popolo ebraico negare ai palestinesi il diritto alla vita. Tutt’oggi gli israeliani si dicono increduli di fronte alle migliaia di persone che credono a una tale falsità. Un accordo che accontenti tutti deve necessariamente passare per un negoziato diretto fra Israele, ANP, Giordania, Arabia Saudita ed Egitto: i primi perché diretti interessati, i secondi perché potrebbero garantire sanzioni contro chiunque violi i patti prestabiliti.

Purtroppo però l’Occidente non sembra dello stesso avviso e la pressione su Israele cresce inesorabilmente ogni giorno. Fatti storici come quelli descritti sopra dovrebbero essere portati al tavolo delle trattative per una discussione sana. Infine gli altri Stati dovrebbero esprimere la stessa volontà di essere “disposti a fare compromessi dolorosi per raggiungere la pace” così come ha fatto a suo tempo Israele.

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