L’Europa ossessionata da Israele è impreparata alla sfida del terrorismo

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Mario Del MonteEditor
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Medio Oriente

L’Europa ossessionata da Israele è impreparata alla sfida del terrorismo

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Al momento circa un milione di rifugiati si riversa giornalmente sulle coste dei paesi meridionali dell’Unione Europea, molti di questi sono musulmani e già da qualche tempo qualcuno paventa la possibilità che fra di loro ci siano alcuni jihadisti infiltrati. Anche volendo rimuovere tutto quel populismo becero che non sa distinguere fra disperati in fuga da zone di guerra e commando di infiltrati pronti a spargere sangue in territorio europeo, è bene sottolineare che l’Unione Europea deve prepararsi a dover affrontare questa eventualità. Le istituzioni UE nascono principalmente per erodere la sovranità statale degli Stati membri al fine di favorire la creazione in un futuro prossimo degli “Stati Uniti d’Europa” ma, allo stato attuale, queste non hanno nessuna competenza in tema di sicurezza e di gestione dell’immigrazione, un problema che per ora è ancora gestibile ma che potrebbe diventare enorme fra una decina d’anni se i burocrati di Bruxelles non decidono di metterci mano subito.

L’Europa, dai fatti di Parigi in poi, si è svegliata realizzando di non essere più quella fortezza inespugnabile e immune dai problemi geopolitici globali. In molti hanno cercato di individuare nel Trattato di Schengen il principale colpevole in quanto, grazie a questa normativa, un eventuale jihadista entrato via mare in uno Stato membro è libero di muoversi per tutto il territorio europeo con scarsi controlli. In realtà anche annullando questa legge comunitaria il problema non verrebbe risolto alla radice visto che finora gli attentatori di Parigi, Bruxelles, Tolosa e Copenaghen erano tutti cittadini nati e cresciuti nei rispettivi paesi.

Lo Stato Islamico ora controlla buona parte della Libia Orientale, concentrando la sua presenza nella città di Sirte e nei due vicini porti e realizzando così uno dei primi obiettivi di al-Baghdadi: ottenere uno sbocco sul Mediterraneo per preparare i prossimi colpi mortali all’Europa. A pensarci bene lo Stato Islamico è riuscito dove Hamas ha fallito, Gaza non è diventata la città portuale che esporta il jihadismo nel Mediterraneo grazie ad Israele ma gli Stati Europei, troppo preoccupati nel misurare le dimensioni delle reazioni, difficilmente gli riconosceranno il merito di aver rinviato di qualche anno questa rogna.

Mentre l’Italia incontra enormi difficoltà nell’assorbire l’incredibile flusso di immigrati l’Unione Europea gli impone un’infinità di operazioni di salvataggio come “Triton”. E più la guerra civile in Libia si fa violenta più questo flusso si ingrandisce, prospettando per la Primavera, quando le condizioni meteorologiche faciliteranno le traversate dei barconi, una situazione umanitaria catastrofica. Molto probabilmente i jihadisti vorranno sfruttare la possibilità di mimetizzarsi fra i milioni di disperati e potranno contare su un sistema di contrabbando di armi che già funziona discretamente nei porti di Marsiglia, Napoli e Barcellona. Inoltre la devastante situazione economica dei paesi del Sud Europa e le conseguenti tensioni interne potrebbero aiutarli ad ottenere risultati ancora migliori.

Quattro anni fa l’Europa decise di spodestare il Gheddafi per introdurre in Libia i valori positivi dell’Occidente, oggi corriamo seriamente il rischio che siano i terroristi dell’ISIS a voler portare sul nostro suolo la Sharia. Ce lo testimonia l’attentato di Tunisi, perpetrato ai danni di turisti europei; ce lo testimonia la volontà del Califfato di espandersi in Algeria ed Egitto; ce lo testimonia la nuova affiliazione fra ISIS e Boko Haram. E’ solo una questione di tempo: una volta consolidato il potere in Medio Oriente e in Nord Africa l’obiettivo naturale sarà l’Europa.

Finora i leader mondiali hanno creduto che la distanza dalla Siria e dall’Iraq li avrebbe protetti per ancora molto tempo, la nuova realtà nordafricana ha fatto crollare questa certezza e li costringe ora a ripensare la loro idea di “lotta al terrorismo”. Nel corso degli anni una ossessiva attenzione è sempre stata concentrata sulle azioni di Israele, nella convinzione che il problema della stabilità del Medio Oriente potesse essere risolto con la pace fra israeliani e palestinesi, una scelta che ha portato a trascurare gli altri teatri dello scontro come il Libano, lo Yemen e la Siria.

La questione del terrorismo islamico non appartiene più esclusivamente al Medio Oriente ma è ora un problema pan-europeo che ha a che fare anche con i venti milioni di musulmani che vivono in Europa, che non sono soddisfatti delle loro condizioni di vita e che non hanno nessuna intenzione di andarsene. Hanno a disposizione l’arma demografica e secondo alcune proiezioni raddoppieranno la loro presenza in una decina d’anni mettendo a serio rischio l’identità e i valori europei se la maggioranza di loro deciderà di non volersi integrare con lo stile di vita Occidentale. Invece di pensare seriamente ad un intervento in Libia che metta fine all’anarchia o a introdurre una nuova legislazione sull’immigrazione che la tuteli dal rischio di infiltrazioni jihadiste, l’Europa sta chiudendo gli occhi facendo finta che sia tutto ok. Questa illusione, combinata alle continue ingerenze alle politiche di contrasto del terrorismo di Israele, potrebbe portare al disastro il Vecchio Continente.

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