La trappola dei nobel per la pace

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Israele

La trappola dei nobel per la pace

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Premi nobel per la pace contro israele

La politica e l’informazione sono cadute in una trappola, oppure la stanno tendendo. L’importante ora è individuarla. L’ultimo di una marea di articoli, fa sapere che diversi Premi Nobel per la Pace si sono espressi a favore del riconoscimento di uno Stato palestinese, in occasione del Summit Mondiale dei Nobel per la Pace che si è concluso ieri a Roma. Le diverse dichiarazioni degli illustri ospiti vorrebbero fare credere che è Israele ad opporsi alla creazione dello Stato di Palestina.

Nulla potrebbe essere più falso e ingannevole. Ora che l’eccellente comunicazione palestinese ha avviato questa campagna “Riconosci lo Stato Palestinese”, Nazioni, politici e opinion makers, tuonano frasi riguardanti i diritti umani, la giustizia e l’autodeterminazione dei popoli, ma dal 1947, cioè prima della fondazione dello Stato di Israele, nessuno ha impedito a questo popolo di autodeterminarsi, se non i confinanti Paesi arabi e gli stessi leader palestinesi.
Senza entrare in questa sede nei dettagli storici, molteplici sono state le occasioni in cui i palestinesi avrebbero potuto fondare un proprio Stato, occasioni rifiutate dalle Autorità che si sono susseguite.

Ed è sulla base di questi messaggi ingannevoli che emerge l’appello dei Premi Nobel, secondo i quali “la risoluzione del conflitto israelo-palestinese è la chiave per la pace in Medio Oriente”. Non sarebbero quindi l’integralismo islamico e il terrorismo nei Paesi arabi il problema del Medio Oriente, ma gli israeliani e i palestinesi. Non sarà mica che Israele è l’unica democrazia in un mare di dittature e governi filo terroristi; il problema non sono i diritti delle donne e degli omosessuali, o le leggi della Sharia; di sicuro la colpa dei 190mila morti e dei 4milioni di sfollati in Siria sarà del conflitto israelo-palestinese, come negarlo?

E ancora, questo conflitto, secondo i Nobel, si risolverebbe come per magia riconoscendo un non ben specificato Stato palestinese dal nulla. Senza una negoziazione con i vicini e senza discuterne i confini. Senza garantire al popolo palestinese una forma di governo consona, contrariamente a quanto accade a Gaza e nel West Bank, dove i governi palestinesi non indicono elezioni dal lontano 2006.

Poi Jody Williams incita a “boicottare i prodotti delle colonie”, ignorando che spesso le aziende israeliane nel West Bank rappresentano l’unico sostentamento per padri di famiglia palestinesi, governati da una Autorità Palestnese basata sulle mazzette e sulla corruzione.

Si arriva così a Desmond Tutu, che insieme a Mandela lottò contro l’Apartheid in Sudafrica, il quale parla di “occupazione illegale della Palestina”. Ne sono convinti tutti: la pace arriverà quando Israele si ritirerà dai Territori. Ma quali territori? Quelli ancora spartiti e amministrati secondo gli Accordi di Oslo, che lo stesso Yasser Arafat (anch’egli Nobel per la Pace) firmò. Gli accordi furono considerati un successo, il primo passo verso la pace. Questi negoziati rappresentano l’importanza del dialogo tra le diplomazie israeliana e palestinese e l’importanza del raggiungimento di accordi comuni. Riconoscere lo Stato di Palestina dal nulla, significa calpestare gli sforzi diplomatici svolti finora e inibire quelli futuri.

A chi davvero interessino i diritti del popolo palestinese e la tranquillità della zona, dovrebbe spingere per la ripresa di un processo di pace in cui si garantisca uno Stato democratico ai palestinesi e una vita in sicurezza agli israeliani. Senza l’esclusione degli uni o degli altri.

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