La Francia sarà mai amica di Israele?

14 luglio: Presa della Bastiglia e presa dei luoghi santi?

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Emanuel Segre Amar
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Editoriali

La Francia sarà mai amica di Israele?

14 luglio: Presa della Bastiglia e presa dei luoghi santi?

Il 4 febbraio 1536 il re francese François (Francesco) Premier ricevette in dono dall’imperatore ottomano Solimano il Magnifico il controllo sui luoghi santi di Gerusalemme, e questo accordo venne riconfermato nel 1878. Come scrive giustamente Clément Weil-Raynal, pur essendo questo, già all’epoca, un incarico meramente simbolico, i funzionari del Quai d’Orsay ne approfittano per cercare di acquisire un diritto, almeno morale, sulla Città Santa.

Il generale De Gaulle, che nel 1967 tradì Israele attaccata dagli arabi, interrompendo tutte le consegne di armamenti, compresi quelli che erano già stati pagati, affermò, non a torto, che gli arabi avevano, a loro vantaggio, “i numeri, lo spazio ed il tempo”. Forse é anche questo il motivo che lo indusse a voltare le spalle ad Israele, paese piccolo e poco abitato, nel momento del maggior pericolo. Quanto al tempo, tuttavia…lasciamo tempo al tempo.

Nel 2009 Netanyahu osò pronunciare delle parole condivise da quasi tutti gli israeliani: “Gerusalemme è la capitale di Israele e lo resterà per sempre”. Frédéric Desagneaux, allora portavoce del Ministero degli Esteri francese, condannò ufficialmente tale affermazione, parlando in nome della Francia, quando sostenne che tale affermazione «préjugeait du statut final de la ville». Desagneaux, con tale dichiarazione, dimostrò di essere il candidato perfetto per occupare il posto di Console generale di Francia a Gerusalemme, incarico che infatti ottenne poco dopo.

Giova qui ricordare che praticamente tutte le nazioni si appoggiano a due diversi consolati a Gerusalemme, uno nella parte occidentale, ed uno nella parte orientale della città (come se un “muro” immaginario – e che più di qualcuno (magari fra quelli che predicano “ponti e non muri”) vorrebbe ripristinare – la dividesse ancora). Come il consolato generale d’Italia a Gerusalemme est dipende direttamente dalla Farnesina, e non dall’ambasciata italiana in Israele, così vale anche per quello francese.

Il console di Francia a Gerusalemme Alain Rémy riconobbe, nel 2009, che l’Ambasciata di Francia è “cantonnée” (relegata) a Tel Aviv. Questa anomalia della diplomazia internazionale comporta inconvenienti non da poco che possono causare incidenti più o meno gravi a seconda dell’attitudine di chi occupa il posto di Ambasciatore (desidero qui salutare Francesco M. Talò, che è stato davvero un grandissimo Ambasciatore). Possiamo qui ricordare quanto accadde anni addietro in occasione della visita ufficiale dell’allora presidente Napolitano, accompagnato dall’Ambasciatore in Israele: appena oltrepassata la cosiddetta linea verde, si trovò di fronte il console generale che, inaspettatamente, si arrogò il diritto di accompagnare lui, con una guida da lui scelta, la delegazione italiana. Alla fine del percorso dentro le mura di Gerusalemme alcune persone della delegazione chiesero se lì di ebrei non ce ne fossero: non avevano nemmeno sfiorato la parte ebraica, e le spiegazioni date, anche sulla spianata del Tempio, furono non molto dissimili da quelle delle recenti delibere dell’Unesco.

Il signor Desagneaux, diventato infine console di Francia a Gerusalemme nel 2009, non ha mai smesso di lavorare sul suo sito, vantandosi di bloggare senza problemi in tre lingue: “francese, inglese ed arabo”. E l’ebraico, gli chiesero? «Connais pas»

Dobbiamo allora stupirci se Macron, appena eletto, ha subito ricevuto in forma ufficiale il “presidente” Abu Mazen? Durante la consueta conferenza stampa al termine dell’incontro lo ha pure elogiato per la “iniziativa di pace da lui condotta con molti altri” (con chi?), e aggiungendo di “conoscere il suo impegno costante in favore della non violenza”. A parole tanto affettuose Abu Mazen ha risposto porgendo le proprie condoglianze per la morte di Simone Veil che “ha tanto lottato per i diritti delle donne”. Chissà se quel terrorista in giacca e cravatta sa che Simone Veil è stata una testimone diretta della Shoah da lui negata, e che era una donna ebrea e che quindi, in quanto tale, non avrebbe mai potuto abitare in quella “Palestina nei confini del 1967 con capitale Gerusalemme” da lui ancora una volta reclamata.

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