Israele e Germania: un’amicizia nata 50 anni fa dalle ceneri della Shoah

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Mario Del MonteEditor
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Medio Oriente

Israele e Germania: un’amicizia nata 50 anni fa dalle ceneri della Shoah

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Il Presidente israeliano Reuven Rivlin e il Presidente tedesco Joachim Gauck.

In un periodo in cui affiorano diversi dubbi sulla natura dell’alleanza tra Israele e Stati Uniti, i sostenitori di Israele di tutto il mondo si chiedono se lo Stato ebraico abbia dei veri amici fra gli altri paesi o se ogni rapporto sia condizionato dalle situazioni contingenti. Sicuramente un fidato alleato non è presente fra i suoi vicini, per lo più votati alla distruzione di uno Stato che rappresenta tutto ciò che l’Islam politico vuole contrastare. Certo ci sono state e ci saranno convergenze con gli altri Stati del Medio Oriente ma basare le alleanze esclusivamente sul principio “il nemico del mio nemico è mio amico” non permette di costruire rapporti solidi e una mutua fiducia.

Una volta erano gli Stati Uniti ad assolvere al ruolo di “vero amico” dello Stato d’Israele, oggi questa posizione sembra ricoprirla più la Germania. Proprio come gli Stati Uniti, la Germania sostiene economicamente e militarmente Israele e le rispettive agenzie di intelligence hanno uno stretto rapporto di collaborazione. Anche sul piano politico Israele ha ricevuto un discreto supporto dai tedeschi sul palco internazionale: il Bundestag infatti non ha seguito la decisione degli altri parlamenti europei e non ha richiesto il riconoscimento dello Stato di Palestina.

Il 2015 segna tre importanti date nelle relazioni Israele-Germania: il settantesimo anniversario della liberazione di Auschwitz e della fine della Seconda Guerra Mondiale e il cinquantesimo anno di rapporti diplomatici fra le due nazioni. Queste date ci ricordano che entrambi i paesi sono nati da un trauma storico ed hanno dovuto compiere un incredibile viaggio di riconciliazione per instaurare un legame solido e positivo come quello visibile oggi. La Shoah è il capitolo più buio della loro storia, il comune impegno nel preservare la Memoria e nel garantire che qualcosa di simile non accadrà più fissa un rapporto speciale che molti altri Stati dovrebbero prendere a modello quando parlano di pace e stabilità mondiali. Seppellire l’ascia di guerra in nome di un futuro migliore senza mai dimenticare ciò che è stato, lo testimonia anche l’organizzazione delle prossime Maccabiadi (il più grande evento sportivo ebraico) a Berlino la cui cerimonia di apertura si terrà nello Stadio Olimpico, quello in cui si diede il via ai giochi olimpici del 1936 organizzati dalla Germania nazista e fortemente voluti da Adolf Hitler.

Alcuni commentatori hanno malignamente insinuato che questo rapporto sia basato su una gerarchia in cui Israele detiene la superiorità morale in ragione di uno status di “vittima” e di un “senso di colpa eterno” dei tedeschi. Bisognerebbe ricordare a questi signori che l’obbligo morale di riconciliazione non è un sentimento così negativo e che l’impegno nella protezione delle vite degli ebrei è un principio lodevole, specialmente in un periodo storico in cui l’antisemitismo è in crescita ovunque.

Come in ogni rapporto di amicizia ci possono essere dei momenti di disaccordo ma questi sono facilmente superabili da una visione del mondo condivisa. La questione della sicurezza di Israele spiega bene questo concetto: nonostante non ci sia un accordo sui confini che Israele avrà con la “Soluzione a due Stati”, le due nazioni sanno che sicurezza non vuol dire solo integrità territoriale ma anche identità e la Germania, oltre a fornire equipaggiamenti militari e a lavorare in direzione dello smantellamento del programma nucleare iraniano, ha riconosciuto Israele come Stato ebraico, cosa che molti altri Stati occidentali si sono rifiutati di fare.

Angela Merkel come Barack Obama non ha un buon rapporto con il Primo Ministro israeliano Benjamin Nethanyahu ma grazie al suo lavoro nel Febbraio 2014 ha ricevuto da Shimon Peres la medaglia presidenziale, la più alta onorificenza civile israeliana, per il suo “eccezionale contributo allo Stato d’Israele”, segno che una profonda amicizia non è strettamente collegata agli scenari politici del momento.

Molte persone condividono l’idea che Israele debba accettare il fatto che non avrà mai amici fra i suoi vicini arabi in virtù della sua diversità religiosa e della sua natura democratica che stride con i sistemi politici dell’area mediorientale. Forse è solo un’utopia ma il notevole peso della Germania sulla scena internazionale può fare la differenza nel cercare di far trovare un’intesa fra Israele e quei Stati a maggioranza musulmana che siano interessati a mettere da parte la violenza e le minacce di distruzione. Così come cinquanta anni fa la Germania ha messo da parte i suoi errori proiettandosi in un futuro che includa l’esistenza di uno Stato ebraico. In fondo anche quella sembrava un’utopia.

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