Hamas dichiarata organizzazione terroristica in Egitto, al-Sisi sfida i jihadisti

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Mario Del MonteEditor
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Medio Oriente

Hamas dichiarata organizzazione terroristica in Egitto, al-Sisi sfida i jihadisti

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Un mese dopo la sentenza della Corte del Cairo che bandiva in quanto organizzazione terroristica la Brigata Izz ad Din al Qassam, braccio militare di Hamas, un’altra corte ha esteso Sabato la decisione all’intero gruppo, compresa l’ala politica. Dalla deposizione del Presidente Morsi in poi le autorità egiziane hanno continuamente accusato Hamas di supportare le milizie jihadiste in attività nella Penisola del Sinai nonostante le smentite arrivate da Gaza. Sami Abu Zuhri, portavoce di Hamas, ha affermato che la decisione della corte ha il solo scopo di incolpare i palestinesi per l’instabilità interna alla nazione egiziana.

Secondo il quotidiano di Stato al-Ahram Hamas starebbe coordinando, insieme ai Fratelli Musulmani, gli attacchi alle installazioni militari egiziane e avrebbe distribuito una serie di clip video degli attentati per abbassare il morale della nazione. L’obiettivo sarebbe quello di far credere alla popolazione che anche in Egitto sono arrivati i tagliagole dello Stato Islamico per scatenare il panico. Le due organizzazioni vorrebbero erodere il consenso nei confronti del Presidente al-Sisi per poter tentare un golpe in un anno o due.

Nel frattempo a Gaza si respira un’aria tesissima, i residenti temono che la sentenza possa isolare ulteriormente la Striscia e si dividono fra chi incolpa Hamas per le sue azioni, pensando che sia arrivato il momento di passare la mano a forze più moderate, e chi invece pensa che la corte egiziana stia agendo irragionevolmente. L’organizzazione terroristica non sembra avere gli strumenti per uscire da questa crisi e l’unica reazione è stato un comunicato in cui accusa l’Egitto di fare gli interessi israeliani.

Nonostante da Gaza neghino qualsiasi accusa, l’ostilità crescente del governo egiziano nei confronti di Hamas è dovuta al suo stretto legame con l’organizzazione dei Fratelli Musulmani di cui è rappresentante nei territori palestinesi. Dal 2007, anno in cui ha preso il potere, l’enclave palestinese ha i confini sigillati da Israele ed Egitto con quest’ultimo che ha intensificato il blocco dopo il rovesciamento del governo pro-Hamas di Morsi nel 2013 distruggendo tutti i tunnel del contrabbando che passano per il valico di Rafah, principale porta d’accesso a Gaza quest’anno aperta solo per due giorni dal mese di Ottobre. La distruzione dei tunnel, oltre a bloccare migliaia di persone all’interno della Striscia, ha provocato la fine dell’accesso illegale di carburante e materiali da costruzione devastando l’economia di Gaza.

Lo scorso anno ANP e Hamas avevano raggiunto un patto per il quale l’organizzazione diretta da Mahmoud Abbas avrebbe preso il potere a Gaza ma, a causa di dissidi fra le due parti, l’accordo non è stato implementato e, di conseguenza, la ricostruzione post Protective Edge rallentata.

Nel frattempo, in una rara apparizione pubblica, il capo della Brigata Izz ad Din al Qassam, Marwan Issa, ha fatto sapere che Hamas sta continuando ad acquistare missili in vista di un futuro conflitto con Israele ed è in cerca di nuovi partner per acquisire armi diverse. Riguardo alla decisione egiziana ha commentato con un semplice “qualsiasi tentativo di fermare l’organizzazione fallirà.”

Non è chiaro quale portata avrà la nuova sentenza e quali saranno i soggetti colpiti, la sensazione è che verranno tagliati tutti i rapporti fra l’Egitto e Gaza. Ciò che invece sembra certo è che almeno simbolicamente al-Sisi ha dichiarato guerra a Hamas. Dopo aver fatto un memorabile discorso in cui invocava l’avvento di una rivoluzione islamica per ripulire l’immagine della fede musulmana macchiata dalla violenza dei jihadisti, al-Sisi ha iniziato la sua personale battaglia contro tutti i fondamentalisti, Hamas e Fratelli Musulmani compresi. Citando Churchill ha dato il via ad una serie di operazioni nel Sinai che dureranno almeno due o tre anni e che comporteranno un duro prezzo da pagare per l’Egitto ma da cui non si può scappare. Quando poi i libici hanno rapito e sgozzato 21 egiziani non ha esitato ad inviare i suoi jet militari per dozzine di raid sugli obiettivi dello Stato Islamico. La sentenza della corte non fa altro che sottolineare il suo approccio: non c’è distinzione tra ala politica e militare, lasciamo queste sfumature a chi, come gli Europei, tenta di dialogare con i terroristi.

La strategia di al-Sisi sembra aver fatto centro: a Gaza la popolazione è nel panico, i leader di Hamas faticano ad ammettere che ora il nemico più pericoloso non è Israele e la loro reazione si è limitata a qualche annuncio e alcune dimostrazioni di piazza che difficilmente faranno cambiare idea al Presidente dal pugno di ferro che non si è lasciato impressionare dalle migliaia di attivisti dei Fratelli Musulmani in rivolta al Cairo. Per ora l’unica conseguenza diretta è la cessazione di quel ruolo di mediatore fra Israele e Hamas che l’Egitto aveva ricoperto in ogni conflitto tra le due parti. Quindi è possibile un’intervento armato a Gaza? Un’azione del genere era impensabile prima dell’arrivo di al-Sisi mentre ora, alla luce delle sue azioni, può essere una delle carte in mano all’Egitto per la sua lotta contro il terrorismo.

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