Germania: i giovani puntano su informazione e cultura per debellare l’antisemitismo

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Joseph Castelnuovo
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Antisemitismo

Germania: i giovani puntano su informazione e cultura per debellare l’antisemitismo

Intervistiamo oggi per il nostro terzo appuntamento con la rubrica sull’antisemitismo in Europa Yahya, un ragazzo di 26 anni, nato in Azerbaijan e trasferitosi all’età di 4 anni con i genitori in Germania, prima nei sobborghi di Berlino e poi a Dusseldorf dove oggi vive e studia.

Yahya è un ragazzone in carne, molto sicuro di se. La prima cosa che fa è levarsi la maglietta e farmi vedere le cicatrici: sono cinque, quattro sulla schiena e una sul braccio poco sotto la spalla; mi racconta che appena arrivati in Germania dall’Azerbaijan, con la famiglia si trasferirono nella periferia di Berlino dove, ancora abituato agli usi del piccolo villaggio azero, passeggiava con la Kippah in testa . Un venerdì sera, sulla strada di ritorno verso casa dalla sinagoga dove si era recato per la preghiera serale, fu fermato con il papà da quattro neonazisti che, dopo aver malmenato il padre, incisero su di lui quelle brutte cicatrici con l’aiuto di un coltello a serramanico. Il suo racconto continua; io quasi taccio ancora agghiacciato dall’immagine di un bimbo di quattro anni accoltellato per il suo credo. Mi racconta che anche in Azerbaijan l’antisemitismo c’era, ma che era più sopportabile della miseria che il fallimento dell’Unione Sovietica aveva portato.

Chiedo dunque a Yahya se mi può raccontare che tipo di antisemitismo c’è in Germania, se è ancora un antisemitismo di stampo razziale. La sua risposta è secca e convincente: no, quel tipo di antisemitismo in Germania non c’è più, o per lo meno specifica che la maggior parte dei casi di antisemitismo sono mascherati dietro ragioni di antisionismo. Aggiunge poi che le istituzioni tedesche sono molto presenti e fanno di tutto per evitare che gli ebrei possano essere di nuovo un bersaglio, a settanta anni di distanza, tanto che ci assicura che gli ebrei possono sentirsi più che sicuri in Germania nonostante la continua crescita della popolazione araba.

Continuo a fargli domande; da quando ho intrapreso questo percorso di interviste è la prima volta che sento dire da un ragazzo ebreo che effettivamente la situazione nel suo paese non è così tragica, e come un bambino sorrido e immagino quest’isola felice in mezzo ad un mare nero. Poi però il mio sogno va in frantumi: Yahya, forse accortosi della mia meraviglia, precisa che magari la Germania è per gli ebrei un posto migliore di altri ma che anche li non mancano episodi di cimiteri profanati, giovani malmenati, episodi razzisti di ogni genere e forma. Gli chiedo dunque se pensa che ci siano dei presupposti per rimanere o se pensa che sia giusto lasciar tutto e andare in Israele come auspicato da Nethanyahu; lui quasi si arrabbia, inizia a strillare che lui non va da nessuna parte se non per suo personale credo sionista, e che così tutti gli ebrei della diaspora devono fare, nessuno deve scappare. Gli chiedo allora quali sono le soluzioni per combattere l’antisemitismo in Germania, mi risponde che si debellerà continuando a fare ciò che già fanno: manifestazioni, discorsi, presentazioni, ma soprattutto, il “I love Israel day”- un giorno a metà maggio circa, in cui vengono esposti banchetti per le varie città tedesche che spiegano la vera realtà di Israele, che evidenziano la differenza tra ebraismo e sionismo- e conclude dicendomi che l’educazione è l’unica arma che gli ebrei hanno per non essere più costretti a scappare e nascondersi.

In questo senso mi racconta qualcosa che da italiano non ero abituato a sentire, Yahya mi dice infatti che la copertura mediatica su Israele in Germania è delle più ampie e che soprattutto nelle ultime due guerre (2011 e 2014), la stampa tedesca ha fornito sempre informazioni più che corrette, aiutando in un certo senso gli ebrei tedeschi a vivere più tranquilli mentre quelli delle altre nazioni europee subivano angherie di ogni genere.
Yahya mi saluta rivelandomi un suo piccolo segreto: il suo sogno di arruolarsi nell’esercito di difesa israeliano, un sogno che ha abbandonato per cause esterne, che ha rimpiazzato dedicandosi anima e corpo all’informazione e l’educazione su chi siano gli ebrei, cosa sia l’ebraismo e cosa sia Israele.

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