Porte aperte al BDS: il caso dell’Università di Torino

Prosegue la deriva antisraeliana dell'ateneo del capoluogo piemontese, complice il colpevole silenzio del rettorato

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Niram Ferretti
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Antisemitismo, BDS, pregiudizio antisraeliano

Porte aperte al BDS: il caso dell’Università di Torino

Prosegue la deriva antisraeliana dell'ateneo del capoluogo piemontese, complice il colpevole silenzio del rettorato

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E’ ormai fatto acclarato, all’Università di Torino, al dipartimento, Culture, Politica e Società si è infeudato il BDS in virtù dell’ignavia del rettorato. Ieri, infatti, in un’aula messa a disposizione dal dipartimento ha avuto luogo il convegno inaugurale della cosiddetta settimana dell’Apartheid Israeliano, l’iniziativa sponsorizzata dal movimento di boicottaggio dello Stato ebraico, e uno dei suoi fiori all’occhiello.

Ben si presta l’ateneo torinese a questa iniziativa essendo già da tempo sede di convegni ufficializzati con il crisma della “scientificità” e da altri autogestiti, in cui Israele e il sionismo, in ossequio alla vulgata dell’estremismo di sinistra e del jihadismo islamico, vengono costantemente delegittimati. Ne abbiamo già dato conto in altri articoli, qui e altrove. Si tratta del grande romanzo nero su Israele in voga da almeno cinquanta anni, e che ha trovato nel BDS uno dei suoi propugnatori più solerti.

Lo scopo del BDS è ben specificato da Giovanni Quer nel suo prezioso opuscolo, La discriminazione nei confronti dello Stato di Israele, Definito come stato criminale, Israele è comparato al Sudafrica dell’apartheid…L’impostazione ideologica e visione politica del movimento presuppone che Israele sia uno stato ontologicamente criminale: sortito da un crimine commesso contro i palestinesi, sviluppatosi come stato razzista e perpetratore di crimini di guerra contro l’umanità”. Questa la leggenda che avviluppa come un drappo nero la realtà ad uso e consumo di talebani e ignoranti che non avendo mai messo piedi in Israele in vita loro sono proni a farsi lavare il cervello dalla propaganda.

Dunque ieri, in un’aula del Campus Einaudi, dove è ubicato il dipartimento, il collettivo studentesco Progetto Palestina, sigla di conio recente ma che accorpa odi antichi, ha potuto mettere in scena un altro episodio della saga. All’incontro di apertura ha partecipato anche un avvocato BDS, Ugo Giannangeli, il quale ha imbastito un florilegio legale omissivo e deforme in cui Israele è apparso inappellabilmente come colpevole e si sono giustificati gli accoltellamenti come esempio di “resistenza”. Tutto ciò al cospetto di un centinaio di studenti.

La fabbrica dell’odio anti-israeliano di Torino ha precedenti ben rodati, come quelli del furente professor Angelo D’Orsi, oggi in pensione, per anni megafono nel dipartimento Cultura, Politiche e Società, della più grossolana propaganda filopalestinese. Ha seminato bene lui insieme ad altri, e oggi questi sono i risultati. Ed è infatti il D’Orsi che tiene a battesimo la prima attività ufficiale di Progetto Palestina il 12 maggio 2015 con un evento al Campus Einaudi, in aula a3: Naqba 1948, racconti dalla diaspora palestinese in cui è relatore principale e a cui partecipano “giovani palestinesi” che vengono presentati solo con il loro nome e la loro provenienza: Tamara (Giordania), Mohammad (Libano), Anwar (Cisgiordania), Ahmad (Striscia di Gaza), Reem (israelo-palestinese). Prima di quella data non c’era un gruppo così ben organizzato, gli eventi vengono messi in piedi più alla buona da vari gruppi anarcoinsurrezionalisti facenti capo al CUA, ad Askatasuna, al Gabrio ecc. i quali avevano un appoggio solo marginale da parte del corpo docente. Progetto Palestina invece riesce a penetrare bene nella cittadella del sapere. Buoni auspici, ammiccamenti, benedizioni, hanno consentito che gli stessi che in un post pubblicato su Facebook il 23 febbraio scorso e poi rimosso, in cui esprimevano solidarietà ai loro compagni scontratosi con le forze dell’ordine a Torino, ottenessero piena legittimità.

Le iniziative contro Israele ospitate da Torino si moltiplicano e farebbero invidia a Ramallah per perseveranza. Non mancano interi corsi di studio organizzati in Palestina da dipartimenti; o eventi all’apparenza con ospiti israeliani come l’evento del 26 gennaio 2017 con la giornalista antisionista Amira Hass. Per giungere ai più recenti di marzo, appena conclusasi di cui Progetto Dreyfus ha dato conto.

Progetto Palestina, testa di ponte del BDS, si presenta ufficialmente agli studenti il 3 luglio 2015 con un party palestinese dal titolo Che ne sai della mia guerra?” e un concerto alla Cavallerizza Reale occupata. Il 15 ottobre 2015 inizia la sua attività di boicottaggio del Technion di Haifa, con una serie di eventi. Dal 3 novembre 2015 il grande salto di qualità, Progetto Palestina ottiene la sala lauree del Campus Einaudi (CLE) per un incontro pubblico. Il 9 dicembre 2015 il primo convegno vero e proprio. Tema: L’economia palestinese. Tra neoliberismo e occupazione militare. Dal 2 al 10 marzo 2016 si inaugura la prima Israeli Apartheid Week in collaborazione con BDS Torino. Tra le varie attività in esterno, in Università e Politecnico, Progetto Palestina organizza tutta una serie di eventi finalizzati alla demonizzazione di Israele, tra cui vogliamo ricordare il 7 aprile 2016 la presentazione del libello di Diana Carminati e Alfredo Tradardi, Gaza e l’industria israeliana della violenza alla presenza degli autori.

Le attività si moltiplicano in un crescendo rossiniano, percorrono tutto il 2017, giungono alla appena inaugurata Israeli Apartheid Week, indisturbate, istituzionalizzate. “L’Università”, profferisce l’esimio rettore Gianmaria Ajani, “E’ luogo di dibattito e confronto”. Peccato che il confronto non vi sia, ma solo l’unilateralità di tesi radicali in cui Israele è bastonato a più non posso. L’assunto base è che si tratti di un mostro, di un demone da esorcizzare.

Affiorano alla mente fantasmi del passato ancora presenti tra di noi, hanno solo assunto in alcuni casi, forme diverse: i libelli del sangue medievali in cui gli ebrei erano accusati di profanare le ostie, di propagare la peste, di commettere omicidi rituali, per giungere poi con I Protocolli dei Savi di Sion a vederli come dominus diabolici intenti a sovvertire l’ordine del mondo. Israele è solo una tappa di questa lunga storia di esecrazione antisemita che ha legittimato persecuzioni e stermini. L’avvocato BDS presente all’inaugurazione dell’Israeli Apartheid Week, non ha forse detto che gli accoltellamenti servono per mantenere in vita la “resistenza” e non fare scordare la Nakba?

Chi potrà e vorrà porre un freno a questa deriva? Le istituzioni ebraiche tacciono, sono in altre faccende affaccendate. Senza misure di contrasto che riportino l’ateneo torinese su posizioni di autentico confronto, di dibattito, di democrazia, inibendo agli estremisti di avere campo libero, la situazione non potrà che proseguire su questa china.  Già, simile a un contagio, il BDS, attraverso Progetto Palestina, cerca di nidificare altrove, all’Università di Venezia per esempio, dove si annunciano iniziative analoghe.

“Nasce tra i banchi universitari di Venezia “NUR- universitari contro l’apartheid israeliana”, un gruppo di studenti che si pone l’obiettivo di mettere in luce (Nur, luce in arabo, appunto) la realtà dei territori occupati e della striscia di Gaza, attraverso una sana pratica di informazione per riprendere così a parlare di Palestina per la Palestina. La base attraverso la quale si vuole leggere gli avvenimenti è la solidarietà: agire per la giustizia e la libertà del popolo palestinese, significa anche assicurare a proteggere la propria. Visitate la loro pagina!

Forse il tempo di intervenire è giunto.

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