La Risoluzione Unesco e l’espropriazione di Israele

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Niram Ferretti
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Israele

La Risoluzione Unesco e l’espropriazione di Israele

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La risoluzione dell’UNESCO di ieri contro Israele fa parte dell’offensiva araba e musulmana tesa a delegittimare lo Stato ebraico e non riconoscergli alcun diritto in Palestina. E’ stato scelto il giorno dell’indipendenza di Israele, Yom HaAtzmaut per sferrare questo ennesimo attacco, il quale segue quello dell’ottobre dell’anno scorso.

Le due risoluzioni UNESCO sponsorizzate dagli arabi, che di fatto detengono la maggioranza dei voti in seno all’organizzazione, fa parte della medesima strategia tesa a rimuovere da quelle che sono considerate terre esclusivamente musulmane, ogni rivendicazione ebraica.
La nuova risoluzione passata ieri, con il voto contrario di dieci paesi, tra cui l’Italia, che nella precedente sessione si era astenuta, ripromettendosi poi di non ripetere lo stesso errore, rifiuta a Israele qualsiasi legittimità su Gerusalemme.

Il 16 ottobre 2016 l’UNESCO aveva già provveduto a una operazione analoga approvando in prima battuta una risoluzione sottoposta da un gruppo di stati arabi-musulmani, il Sudan, l’Algeria, il Qatar, l’Egitto, l’Oman e il Marocco (gli stessi di ieri), la quale recepiva in toto la volontà palestinese di appropriarsi nominalmente e simbolicamente del Kotel hamaravi )il Muro Occidentale o Muro del Pianto) e il soprastante monte del Tempio, da sempre il sito più sacro per l’ebraismo.

La decisione dell’UNESCO di ottobre e quella di ieri non fanno che ratificare una millenaria pratica, poiché i colonizzatori musulmani di pari passo con l’estensione territoriale del loro dominio, hanno proceduto fin dall’inizio a una colonizzazione teologico-scritturistica, appropriandosi dei testi sacri ebraici e in parte di quelli cristiani riplasmandoli secondo la loro agenda.
A questo aspetto di sostituzione, espropriazione della tradizione ebraica (e cristiana) fece giustamente riferimento uno dei maggiori esponenti dell’ebraismo italiano, Giuseppe Laras, in una sua indignata lettera pubblicata dal Corriere della Sera a seguito dell’approvazione della risoluzione UNESCO di ottobre:

“Dietro alla clamorosa infamia politico-ideologica perpetrata, dimora un assunto teologico che i Paesi musulmani firmatari non dichiarano: secondo la loro tradizione religiosa, Abramo avrebbe legato sul Monte Moriah Ismaele e non Isacco, e la Bibbia, alterata a loro avviso dagli ebrei, risulterebbe falsa e ogni pretesa ebraica, dunque, illegittima. La Bibbia precede di secoli il Corano e la storia ebraica e cristiana, come pure ellenistica, romana e bizantina, narra ben altri fatti, comprovati peraltro da testimonianze archeologiche e filologiche”.

Tutto ciò è altamente simbolico. Non avendo potuto distruggere Israele nelle tre offensive principali tese al suo annichilimento, quella del 1948, del 1967, e del 1973, si provvede a cancellarne la presenza dai luoghi più decisiva della propria identità collettiva e religiosa. E ciò la dice lunga su quella che è la reale volontà araba e musulmana nei confronti di Israele, ribadita ulteriormente dalla Carta “rinnovata” di Hamas presentata ieri, nella quale il gruppo terrorista ribadisce l’autorità dell’Umma islamica su tutta la Palestina.

Il voto UNESCO di ottobre e quello di ieri mettono apertamente sul tavolo le carte, mostrando ciò che una parte consistente del mondo arabo farebbe se il potere delle armi glielo consentisse.

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