Auschwitz e Pokemon, il gioco deve finire

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Auschwitz è un luogo dove memoria e rispetto non dovrebbero mancare. Ribadirlo dovrebbe sembrare banale. Dovrebbe, ma così non è. Perché all’interno del campo di sterminio sono presenti i Pokemon, i mostriciattoli protagonisti del gioco firmato Niantec, Nintendo, Pokemon e Google, che sta dilagano nel mondo ed è stato scaricato da oltre 30 milioni di utenti. Un fenomeno senza pari, che però dovrebbe avere dei limiti. Sull’argomento è intervenuta la neo presidente dell’ Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni:

Più che fenomeno di costume, la caccia globale ai Pokemon rischia di assumere i contorni di una vera e propria patologia. E un’ulteriore fonte che alimenta a gocce l’oceano della violenza. Che umanità è quella che si mette alla ricerca dei mostriciattoli ad Auschwitz, nei luoghi dove si consumò il più grave crimine mai commesso dall’uomo contro l’uomo? E a quali codici etici e comportamentali risponde chi, tra i dirigenti della Nintendo, permette che tutto questo accada senza porre argini e filtri? Il gioco senza confini e la demenza digitale sono una minaccia molto grave, troppo spesso sottovalutata.

La massima esponente dell’ebraismo italiano ha fatto un riferimento anche ai risvolti commerciali:

È ancora più grave che vi sia chi, sfruttando tutte le potenzialità – fragilità di queste fasce di consumatori, non si faccia scrupoli a violare luoghi e testimonianze che dovrebbero essere dedicati a ben altro tipo di attività. Alle autorità competenti, chiedo di intervenire con fermezza per porre fine a questo abominio.

Lo stesso sdegno nella parole della presidentessa della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello:

Auschwitz non è solo un luogo sacro per gli ebrei. E il cimitero dell’umanità, è il punto dove l’umanità ha incontrato il baratro e ha toccato il suo punto più basso. Anche solo pensare di poter giocare ad Auschwitz è inconcepibile. Anna Frank diceva di volere credere nell’intima bontà dell’uomo e lo stesso voglio fare anche io. Voglio credere che sia stata una svista, un errore, una superficialità.

Non è il primo episodio in cui Auschwitz diventa protagonista di una applicazione per smartphone. Alcuni mesi fa, infatti, era stata creata dalla Trinit.es, scuola professionale spagnola con sede a Saragozza, la app “Campo di Auschwitz Online”, in cui si poteva “vivere come un vero ebreo nel campo di concentramento Auschwitz” (scritta che campeggiava nella home page accompagnata da due soldati in divisa Wehrmacht. L’ignobile app è stata chiusa pochi giorni fa dopo le proteste delle Comunità Ebraiche e degli utenti.

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